“Stiamo andando verso una agricoltura senza contadini. E se questi ultimi
spariscono, nelle mani di chi resterà la nostra alimentazione?” La risposta è
scontata, ma paradossalmente la domanda non è retorica! Esther Vivas è una
giornalista spagnola, quindi si rifà alla sua realtà nazionale, ma se ci
pensiamo bene globalizzazione vuol dire distruggere le differenze a “beneficio”
di una massificazione indistinta, un “proletariato post-ideologico” privato di
qualsiasi valore spirituale e sociale, quindi quanto scrive la Vivas si applica
bene a qualsiasi contesto nazionale, soprattutto a quelli, come l’Italia e i
paesi mediterranei, in cui la piccola impresa agricola costituisce ancora e
malgrado tutto, l’asse portante di questo settore produttivo. Trovare le
corrispondenze, coglierne le implicazioni, comprenderne le finalità, forse
potrebbe aiutare a dare dei contenuti a quella risposta che altrimenti rischia
di rimanere solo una protesta “a parole”, senza alcuna seria conseguenza.
Un’agricoltura senza contadini
di Esther Vivas
L’Unione europea
sembra essersi impegnata a far scomparire i piccoli agricoltori. Questa è la
conclusione cui si arriva in base alla riforma della politica agricola comune
(PAC) adottata ultimamente a Bruxelles, e le relative misure che, ancora una
volta, vanno a beneficio di grandi proprietari terrieri e dell’industria agro-alimentare,
e a scapito di quanti effettivamente lavorano e proteggono la terra.
Una sola cifra:
nonostante il fatto che, nello stato spagnolo, solo 350.000 persone siano
ufficialmente registrate come occupate nel settore agricolo, 910.000 persone
ricevono aiuti agricoli. Ma allora, chi sono questi 560.000 destinatari di
sovvenzioni che, pur non essendo contadini, ricevono comunque questi importi?
Il rapporto «Una Politica Agraria Comune per l’1%», dei Veterinarios sin
Fronteras, lo indica chiaramente. Si tratta di imprese del settore
agro-industriale, di grandi viticoltori, di supermercati e di grandi
proprietari terrieri. I loro nomi: Pasta Gallo, Nutrexpa, Osborne, Nestlé,
Campofrío, Mercadona, la Casa de Alba, per citare solo i maggiori beneficiari.
Certo, con la
‘nuova PAC’, aeroporti, ferrovie e campi da golf non riceveranno più aiuti
«agricoli». Immagino che questo furto, questa appropriazione indebita, stesse
diventando fin troppo scandalosa. Ma altri amici di Arias Cañete (Ministro
dell’agricoltura spagnolo del governo PP, NdT) continueranno a ricevere grandi
sovvenzioni. Sua moglie, per esempio, Micaela Domecq, latifondista andalusa e
proprietaria delle ‘Cantine Domecq’. Si sa: chi sparte si prende la miglior
parte.
Come sostiene il
sindacato agricolo COAG nella sua analisi e valutazione della riforma della
PAC: “corriamo il rischio di uno smantellamento di un settore, quello agricolo,
strategico per la nostra economia”. Il che non è una novità, ma con le misure
correnti non si farà che accelerare le cose. Oggi, meno del 5% della
popolazione attiva in Spagna lavora in agricoltura, e una parte molto
significativa di questi sono anziani. Cosa che, in base agli standard attuali,
è simbolo di modernità e progresso. Forse dovremmo cominciare a chiederci con
quali parametri si definiscono questi due concetti.
L’agricoltura
contadina è un’attività in estinzione. Ogni anno, migliaia di aziende agricole
cessano la loro attività. Sopravvivere in campagna e lavorare la terra non è
facile. E sono loro i più grandi perdenti nel modello corrente di produzione,
distribuzione e consumo di cibo, proprio chi il cibo lo produce. Secondo la
COAG, i redditi agricoli nel 2007 erano al 65% del reddito medio. Il loro
impoverimento è evidente.
Stiamo andando
verso una agricoltura senza contadini. E se questi ultimi spariscono, nelle
mani di chi resterà la nostra alimentazione? Credo che la risposta sia chiara:
nelle mani di una manciata di imprese dell’agro-industria e delle aziende della
distribuzione che controllano ciascuno dei collegamenti nella catena
alimentare, dalle sementi al prodotto finale. Cargill, Monsanto, Syngenta,
Dupont, Procter & Gamble, Nestlé, Kraft, Mercadona, Eroski, Carrefour,
Alcampo, El Corte Inglés… sono questi, alla fin fine, a darci da mangiare.
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