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venerdì 24 marzo 2017

PANEER




НА РУССКОМ ЯЗЫКЕ НИЖЕ

Il samnyāsa, “rinuncia totale”, costituisce per gli indù l'ultimo stadio di vita tradizionale e secondo il Vedānta, “il fine dei Veda”, riveste un ruolo estremamente positivo in quanto libera l'essere dalla schiavitù delle false identificazioni conducendolo alla Conoscenza. Il breve passaggio riportato, tratto dal libro  Śankara e il Kevalādvaitavāda, di M. Piantelli, oltre a servirci per introdurre la ricetta del Paneer, evidenzia ancora una volta l'importanza dell'alimentazione nello sviluppo armonico dell'essere umano e delle sue facoltà; a ben pensare, leggendo fra le righe si possono trarre diversi spunti di riflessione oltre che convenire sulla bontà di questo cibo ancora oggi molto diffuso in India.

“Fra i suoi unici possessi (dell'asceta) figura la ciotola per ricevere le elemosine (kamandalu); la questua si svolge secondo strette norme: solo in questo caso il samnyāsin può entrare in un villaggio, il numero massimo di case presso cui può mendicare è fissato a sette ed il tempo per farlo è quello necessario a mungere una vacca. Il silenzio in occasione della questua può essere rotto per pronunciare la parola “bhavat”, epiteto rispettoso diretto alla persona da cui si mendica; si può ricevere solo riso (già cotto), dolci all'olio, pappa d' orzo, latte e cagliata; se non si riceve nulla non è lecito proseguire la questua, ma ci si dovrà accontentare d'acqua e radici, se se ne trovano. Uscito dal villaggio e ritornato nel luogo ove temporaneamente risiede, il samnyāsin deve deporre il cibo ricevuto in luogo puro, lavarsi mani e piedi e annunciare al sole quanto gli è stato dato. Prima di accostarsi al cibo -cosa che può fare solo all'ora quarta, sesta o ottava del giorno- è tenuto ad offrirne un poco agli animali e a spruzzarlo con acqua. Può consumarne solo otto boccate. Gli è interdetto danneggiare qualsiasi essere vivente i qualsiasi modo, sia pure cogliendo un fiore, e toccare qualsiasi metallo, prezioso o meno”.