La scorsa
settimana ci siamo interrogati: “Sappiamo cosa mangiamo?”. Oggi proviamo a
leggere una delle risposte possibili: il rifiuto del consumo globale tout court
e il recupero della “capacità di decidere in merito a produzione, distribuzione
e consumo, dei principali attori coinvolti in questo processo: i contadini e i
consumatori”. Proprio queste ultime due categorie invece sono le grandi assenti
dalla visione liberista dell’economia che le considera solo come polli d’allevamento
che producono e consumano se stessi in un loop interminabile, passando dallo
stato di persone a quello di cose. Se ci pensiamo bene infatti la speculazione
finnanziaria dopo essersi mangiata il denaro della gente, ha cominciato a mangiare
il suo cibo e ora in una foga “cannibalizzatrice” il cui marchio la dice lunga sulle finalità
che si propone, ha cominciato a mangiarsi le persone stesse, perché se ci si
pensa bene, quando si introduce sul mercato un nuovo prodotto di basso valore,
a farne le spese sono proprio i produttori e i consumatori defraudati. Ma
questo passa il convento oggi. I gruppi e le cooperative di consumo
agro-ecologici, che negli ultimi anni si sono moltiplicati ovunque, sembrano un
primo passo nella direzione di riappropriarsi di ciò che per diritto naturale
ci spetta: l’alimento.
Gruppi di consumo:
recuperare la capacità di decidere cosa consumare
recuperare la capacità di decidere cosa consumare
di Esther Vivas
Cosa mangiamo?
Da dove viene, come è stato trasformato e quale prezzo paghiamo per quello che
compriamo? Sono domande che sempre più cittadini consumatori si pongono. In un
mondo globalizzato, dove la distanza tra contadino e consumatore si è allungata
fino al punto in cui entrambi non hanno praticamente alcun impatto sulla catena
alimentare, sapere quello che mettiamo in bocca importa di nuovo, e molto.