In un altro post ho fatto riferimento
alla Traittirîya Upanishad per evidenziare come l'alimento per gli Indù sia
assimilabile se non addirittura coincidente con il Brahman stesso, la Realtà
Assoluta. Prima di "dare la parola"
a Laura Scopela, riportando un estratto di "Le prescrizioni
alimentari di carattere religioso", vorrei aggiungere per completezza come si conclude l'Anuvâka 2
dell'Adhyâya II della Umanishad menzionata:
In vero, al di là di quello, che è questo [corpo]
costituito dall’essenza del cibo, vi è un altro e [più] interno sé [=veicolo-corpo]
costituito di energia vitale. Da questo [corpo costituito di energia vitale] è riempito
quello [costituito di cibo]. In vero, questo stesso [veicolo costituito di energia
vitale] ha ancora fattezza umana. Questo [sé di energia vitale] dalla fattezza
umana è conforme alla fattezza umana di quello [più esterno costituito di
cibo].
Di questo, il prāna stesso è il corpo.
Il vyāna è il lato destro
[meridionale].
L’ apāna è il lato sinistro
[settentrionale].
Lo spazio è l’Ātmā [il tronco].
La Terra è l'estremità quale base stabile.
Anche a tale riguardo vi è questo Śloka.
Questo consente di lasciare intravedere molto di più di quanto non possa emergere da scritti come quello della Scopel che pure hanno l'indubbio merito di sensibilizzare e avvicinare il pubblico a un argomento così importante come quello dell'alimentazione tradizionale, proponendolo inoltre in una prospettiva non molto usaule per questi tempi che il lettore interessato potrà senz'altro approfondire per conto proprio.
La
valenza simbolica del cibo nel mondo indiano
di
Laura Scopel
L’Induismo, confessione religiosa che in
Italia conta circa cinquemila fedeli e tiene rapporti con cinquantamila
induisti immigrati, ha fatto dell’alimentazione uno dei suoi dogmi di maggior
spessore. Il cibo nelle sue diverse modalità di cottura e consumazione, sommate
alle differenti fasi di elaborazione che il corpo umano gli riserva, ha assunto
una valenza simbolica e spirituale fin dal Vedismo, considerato ormai
unanimemente l’origine di quello che noi oggi definiamo Induismo.
Gli induisti ritengono che la posizione
sociale di un uomo o di un gruppo dipenda anche dagli alimenti che rifiuta di
mangiare, poiché l’appartenenza a un casta gerarchicamente superiore comporta
maggiori restrizioni alimentari.
Il cibo è un veicolo di scambio poiché
attraverso l’alimentazione si condividono meriti e demeriti sociali e, inoltre,
può comportare conseguenze negative sul piano del ciclo delle rinascite poiché,
se proibito, contamina i tessuti del corpo in cui si è trasformato. La
marginalità sociale trova spesso espressione attraverso riferimenti alla sfera
del cibo invero quelli che vengono chiamati “fuori casta” vengono definiti
“gente che cucina cani”.