
Siamo al cospetto di un vero e proprio "crimine contro l'umanità", perpetrato con il buonismo ipocrita del "3x2" che finisce quasi sempre nel "2x3" ad opera di quella rapace mentalità borghese che nel silenzio, nell'incuranza che poi è semplice ignoranza, affonda le radici dei suoi profitti. Un crimine che dunque non desta troppa indignazione seppure per un credente dovrebbe gridare giustizia a Dio. Esther Vivas in un suo articolo afferma che "La produzione di
alimenti dagli anni sessanta si è triplicata, secondo quanto afferma
l’organizzazione GRANO, mentre la popolazione mondiale da allora si è soltanto
raddoppiata. Disponiamo di una quantità notevole di cibo, maggiore che in
nessun altro periodo della storia, però se non si dispone di denaro per pagarlo
o per avere accesso alla terra, all’acqua, ai semi…per produrre, non si mangia": allora i conti non tornano se in questo momento c'è chi ha fame e non può soddisfare il suo diritto elementare di sfamarsi mentre tonnellate di cibo vanno sprecate. Per questo serve non farsi irretire nella "propaganda di sistema" e usare la propria testa, magari lasciandosi ispirare da qualche idea eterna, per cambiare mentalità, il proprio stile di vita e infine il mondo; in caso contrario, se ci si ostina a scialacquare, in realtà dilapidando i beni di cui si viene provvisti non si compie altro che la dispersione e la rovina di sé stessi.
La
voragine del cibo sprecato 5 milioni di tonnellate all’anno finiscono
nell’immondizia
Il paradosso: le promozioni e gli sconti inducono ad acquisti eccessivi.
Una legge favorisce le donazioni dell’invenduto per ridurre il fenomeno
Estratto
da La Stampa di domenica 9 luglio 2017
La lotta allo spreco di cibo è uno
scontro di formiche contro un colosso senza volto. Un sistema agroalimentare
con perdite lungo tutta la filiera, che nella sola Europa arriva a buttare 88
milioni di tonnellate di alimenti all’anno. L’Italia fa la sua parte, con 5
milioni. Anche se, da qualche mese, almeno recuperare alimenti da destinare a
chi ne ha bisogno dovrebbe essere più facile. Lo scorso settembre è entrata in
vigore la «legge Gadda» che ha l’obiettivo di ridurre il cibo buttato lungo la
catena della produzione e della distribuzione, favorendo le donazioni. Un
supermercato o un panificio che avrebbero voluto dare via prodotti invenduti si
scontravano con una giungla normativa. La nuova legge ha semplificato le cose,
prevedendo ad esempio solo delle dichiarazioni consuntive a fine mese per chi
dona. Finora però l’interesse arriva soprattutto da parte di chi ha le spalle
più larghe. «Ora le imprese stanno cercando di inserire le donazioni nei propri
processi organizzativi», spiega Stefano Crippa, direttore area comunicazione di
Federdistribuzione, l’associazione che rappresenta la grande distribuzione. «Nel
primo mese dall’entrata in vigore abbiamo ricevuto tante telefonate di aziende
che non avevano mai donato e che volevano informarsi, incluse catene che stanno
arrivando in Italia e professionisti che lavorano coi negozi», commenta Laura
Bellotti, addetta stampa del Banco Alimentare, Onlus specializzata nella
raccolta e redistribuzione di cibo in surplus, con 21 magazzini in tutta
Italia.
…L’Italia è stata tra i pochi a darsi
una normativa al riguardo, anche se non prevede sanzioni, diversamente da
quella francese. Un passo in avanti, ma non ancora un balzo.
…Lo spreco è un problema sistemico, che
continua ad autoalimentarsi. Paradossalmente aggravato dalla crisi, perché
induce i consumatori in difficoltà economica a buttarsi su promozioni inutili
che portano a scarti all’ultimo anello della catena, quando il recupero è
impossibile. O a ridurre l’acquisto di cibi freschi, come sostiene la
fondazione Enpam.
Il
ruolo dei Comuni
A fare la differenza potrebbero essere i
Comuni, nel caso in cui decidessero di premiare chi fa recupero, di fatto
riducendo i propri rifiuti… con una riduzione sulla parte variabile della Tari
come ha fatto San Stino di Livenza, piccolo centro vicino a Venezia.
… Il problema più grosso comunque è
avere abbastanza volontari, specie se devi gestire il fresco, prodotti
deperibili». Recuperare il cibo rimasto intrappolato lungo la filiera è infatti
una questione di logistica. Di furgoni, frigoriferi, organizzazione, bolle. Comunque
essendo passato ancora poco tempo dall’entrata in vigore della legge e non ci
sono dati sulla sua efficacia.
Il
ruolo dei consumatori
Negli ultimi anni si è concentrata molto
l’attenzione sul ruolo dei consumatori, che in effetti sprecano tanto, almeno
il 43%, e anche di più secondo altre stime. Ma il 57% delle eccedenze si genera
comunque lungo la filiera precedente, secondo dati del Politecnico di Milano.
Secondo Coldiretti – che stima lo spreco
agricolo solo all’8% – ci sono metodologie organizzative che riducono le
perdite agroalimentari: «Ad esempio i mercati dove si fa vendita diretta, in
cui i prodotti viaggiano meno e non arrivano da produzioni massive»… Se crei
coinvolgimento e un rapporto più diretto fra produzione e consumo allora non
butti più via il cibo cui hai dedicato tempo e vita. La lotta allo spreco è un
segnale importante, ma da lì bisogna andare oltre.
Ed è difficile capire quanto incidano i
meccanismi nascosti lungo la catena anche sul comportamento dell’utente finale.
«La grande distribuzione è virtuosa se guardiamo al suo bidone della
spazzatura», commenta Luca Falasconi, ricercatore al dipartimento di scienze
agroalimentari dell’università di Bologna. «Tuttavia quando chiede mele tutte
uguali ai produttori, o quando scarica il magazzino facendo delle promozioni
tre per due, di fatto trasferisce il problema a monte o a valle. Tu acquirente
pensi di fare un affare, ma poi non riesci a consumarlo».
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