martedì 11 luglio 2017

VOLEMOSE BENE - SPRECO ALIMENTARE




Siamo al cospetto di un vero e proprio "crimine contro l'umanità", perpetrato con il buonismo ipocrita del "3x2" che finisce quasi sempre  nel "2x3" ad opera di quella rapace mentalità borghese che nel silenzio, nell'incuranza che poi è semplice ignoranza, affonda le radici dei suoi profitti. Un crimine che dunque non desta troppa indignazione seppure per un credente dovrebbe gridare giustizia a Dio. Esther Vivas in un suo articolo afferma che "La produzione di alimenti dagli anni sessanta si è triplicata, secondo quanto afferma l’organizzazione GRANO, mentre la popolazione mondiale da allora si è soltanto raddoppiata. Disponiamo di una quantità notevole di cibo, maggiore che in nessun altro periodo della storia, però se non si dispone di denaro per pagarlo o per avere accesso alla terra, all’acqua, ai semi…per produrre, non si mangia": allora i conti non tornano se in questo momento c'è chi ha fame e non può soddisfare il suo diritto elementare di sfamarsi mentre  tonnellate di cibo vanno sprecate. Per questo serve non farsi irretire nella "propaganda di sistema" e usare la propria testa, magari lasciandosi ispirare da qualche idea eterna, per cambiare mentalità, il proprio stile di vita e infine il mondo; in caso contrario, se ci si ostina a scialacquare, in realtà dilapidando i beni di cui si viene provvisti non si compie altro che la dispersione e la rovina di sé stessi.


La voragine del cibo sprecato 5 milioni di tonnellate all’anno finiscono nell’immondizia
Il paradosso: le promozioni e gli sconti inducono ad acquisti eccessivi. Una legge favorisce le donazioni dell’invenduto per ridurre il fenomeno

Estratto da La Stampa di domenica 9 luglio 2017

La lotta allo spreco di cibo è uno scontro di formiche contro un colosso senza volto. Un sistema agroalimentare con perdite lungo tutta la filiera, che nella sola Europa arriva a buttare 88 milioni di tonnellate di alimenti all’anno. L’Italia fa la sua parte, con 5 milioni. Anche se, da qualche mese, almeno recuperare alimenti da destinare a chi ne ha bisogno dovrebbe essere più facile. Lo scorso settembre è entrata in vigore la «legge Gadda» che ha l’obiettivo di ridurre il cibo buttato lungo la catena della produzione e della distribuzione, favorendo le donazioni. Un supermercato o un panificio che avrebbero voluto dare via prodotti invenduti si scontravano con una giungla normativa. La nuova legge ha semplificato le cose, prevedendo ad esempio solo delle dichiarazioni consuntive a fine mese per chi dona. Finora però l’interesse arriva soprattutto da parte di chi ha le spalle più larghe. «Ora le imprese stanno cercando di inserire le donazioni nei propri processi organizzativi», spiega Stefano Crippa, direttore area comunicazione di Federdistribuzione, l’associazione che rappresenta la grande distribuzione. «Nel primo mese dall’entrata in vigore abbiamo ricevuto tante telefonate di aziende che non avevano mai donato e che volevano informarsi, incluse catene che stanno arrivando in Italia e professionisti che lavorano coi negozi», commenta Laura Bellotti, addetta stampa del Banco Alimentare, Onlus specializzata nella raccolta e redistribuzione di cibo in surplus, con 21 magazzini in tutta Italia. 
…L’Italia è stata tra i pochi a darsi una normativa al riguardo, anche se non prevede sanzioni, diversamente da quella francese. Un passo in avanti, ma non ancora un balzo.
…Lo spreco è un problema sistemico, che continua ad autoalimentarsi. Paradossalmente aggravato dalla crisi, perché induce i consumatori in difficoltà economica a buttarsi su promozioni inutili che portano a scarti all’ultimo anello della catena, quando il recupero è impossibile. O a ridurre l’acquisto di cibi freschi, come sostiene la fondazione Enpam.

Il ruolo dei Comuni
A fare la differenza potrebbero essere i Comuni, nel caso in cui decidessero di premiare chi fa recupero, di fatto riducendo i propri rifiuti… con una riduzione sulla parte variabile della Tari come ha fatto San Stino di Livenza, piccolo centro vicino a Venezia.
… Il problema più grosso comunque è avere abbastanza volontari, specie se devi gestire il fresco, prodotti deperibili». Recuperare il cibo rimasto intrappolato lungo la filiera è infatti una questione di logistica. Di furgoni, frigoriferi, organizzazione, bolle. Comunque essendo passato ancora poco tempo dall’entrata in vigore della legge e non ci sono dati sulla sua efficacia.

Il ruolo dei consumatori
Negli ultimi anni si è concentrata molto l’attenzione sul ruolo dei consumatori, che in effetti sprecano tanto, almeno il 43%, e anche di più secondo altre stime. Ma il 57% delle eccedenze si genera comunque lungo la filiera precedente, secondo dati del Politecnico di Milano.
Secondo Coldiretti – che stima lo spreco agricolo solo all’8% – ci sono metodologie organizzative che riducono le perdite agroalimentari: «Ad esempio i mercati dove si fa vendita diretta, in cui i prodotti viaggiano meno e non arrivano da produzioni massive»… Se crei coinvolgimento e un rapporto più diretto fra produzione e consumo allora non butti più via il cibo cui hai dedicato tempo e vita. La lotta allo spreco è un segnale importante, ma da lì bisogna andare oltre.
Ed è difficile capire quanto incidano i meccanismi nascosti lungo la catena anche sul comportamento dell’utente finale. «La grande distribuzione è virtuosa se guardiamo al suo bidone della spazzatura», commenta Luca Falasconi, ricercatore al dipartimento di scienze agroalimentari dell’università di Bologna. «Tuttavia quando chiede mele tutte uguali ai produttori, o quando scarica il magazzino facendo delle promozioni tre per due, di fatto trasferisce il problema a monte o a valle. Tu acquirente pensi di fare un affare, ma poi non riesci a consumarlo». 

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