I frutti dimenticati
delle regioni italiane che abbatteranno le multinazionali
Il progetto dei
Quaderni “Frutti dimenticati – Biodiversità ritrovata” è nato nel 2010, anno in
cui l’ONU ha proclamato l’Anno Internazionale della Biodiversità.
Il successo dei primi
quaderni ha consentito di sviluppare una collana organica e coerente sui Frutti dimenticati dall’ Italia, con un
taglio scientifico-divulgativo che tratteggia il quadro della situazione delle
Regioni italiane.
Questa iniziativa intende essere un contributo alla
conservazione e conoscenza dell’agrobiodiversità. Questo tipo di biodiversità è
a rischio perché basata su pratiche agricole tradizionali dal futuro incerto, a
causa di processi di globalizzazione e standardizzazione dei prodotti, basati
spesso su logiche più economiche che ecologiche e di politiche non sempre
rispettose dell’ambiente e della salute dei cittadini. Negli ultimi anni però, i
frutti dimenticati conoscono un crescente interesse: il mondo della ricerca
studia le antiche varietà per l’utilizzo nell’agricoltura sostenibile e nelle
biotecnologie. Parallelamente sta diffondendosi nell’opinione pubblica
l’esigenza di cibi genuini ad alto valore nutraceutico e organolettico, di
consumi stagionali a chilometro zero, di varietà capaci di sopravvivere senza
fitofarmaci e concimi sintetici dannosi per l’ambiente.
Le Direttive e i
Regolamenti europei, in considerazione della scomparsa e della continua
riduzione delle risorse genetiche animali, vegetali e microbiche, forniscono
esplicitamente linee guida per la valorizzazione delle risorse genetiche in agricoltura
e la massima diffusione di coltivazioni locali di specie resistenti alle
patologie, all’aridità e in grado di crescere su suoli svantaggiati, tutte
caratteristiche dell’antica coltivazione italiana. Tale diffusione permette di
limitare l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti, favorendo l’eco-compatibilità
delle attività agricole. All’interno di questo quadro l’ISPRA partecipa, per
ruolo istituzionale, alla promozione delle iniziative volte a sostenere
l’agricoltura ecosostenibile nell’ambito della ricerca applicata, del
monitoraggio, dell’informazione ambientale e della conservazione della natura. Conservare
i geni di frutti ormai introvabili è fondamentale per la ricerca, ma alcune
varietà non sono affatto scomparse: vengono ancora coltivate e consumate a
livello locale. Tra le mele, solo le Annurche riescono a scalfire il dominio
delle Golden, Red Delicious, Imperatore, Gala e mele verdi. Ma sono consumate
quasi solo nella Campania e nel Lazio. Eppure se ne producono 700.000 quintali:
una quantità di tutto rispetto. Anche la Limoncella (Campania e Molise), la
Mela rosa (centro Italia) si sono ritagliate piccole nicchie che resistono. E
in alcuni casi, grazie alla riscoperta dell’agricoltura a chilometro zero c’è chi
ricomincia a coltivarle.
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