lunedì 23 aprile 2018

VOLEMOSE BENE - LE INSIDIE DEL PANE CHE MANGIAMO OGGI



Vi propongo questo articolo sapendo che scoperchiare il vaso di Pandora è solo il primo passo, comunque utile a prendere coscienza di come stanno le cose e del perché nella "società del benessere" insorgono sempre nuove e più "mostruose" malattie di fronte alle quali non si riesce a tenere il passo. Ho rimosso la parte finale dell'articolo in cui viene data la ricetta per fare il lievito madre e con esso il pane perché dato che io stessa lo uso, sto cercando di risolvere dei piccoli inconvegnienti relativi al suo uso domestico; quindi vi farò sapere nei prossimi post.




Le insidie del pane: tutto quello che non ci dicono.

Farina per il pane, cosa contiene? Apriamo una finestra sul pane che arriva sulle nostre tavole. Cominciando col dire che, grazie a un Regolamento della solita Unione Europea, i consumatori non vengono informati. Vi raccontiamo la verità sui cosiddetti “miglioratori”.

Il pane. Che pane ci fanno mangiare, oggi? L’offerta è tanta, le garanzie sono invece poche. Che farine usano i panifici dove acquistiamo ogni giorno il pane? A parte casi rari, le informazioni sono più che carenti. Certo, non mancano i negozi – è il caso della Sicilia – dove trovare particolari tipi di pane. Ma, lo ribadiamo, sono casi rari.
E allora? Qualche notizia. Cominciando col dire che il lievito naturale, troppo spesso, viene sostituito da additivi chimici che sono un affare per chi produce il pane, ma non per gli ignari consumatori. Gli additivi chimici, infatti, riducono tempi e costi di produzione del pane. Ma della loro presenza si sa poco o nulla. Anche nel pane che viene etichettato non se ne parla.
A tutti noi sarà capitato di acquistare il pane che, appena sfornato, si presenta caldo e fragrante. Poi, però, dopo poche ore, lo stesso pane si presenta gommoso. La croccantezza è durata, sì e no, qualche ora!
Perché succede questo? Per la presenza di semilavorati che vengono utilizzati al posto del lievito naturale. Cosa sono i semilavorati? Prodotti chimici dei quali noi consumatori, nella stragrande maggioranza dei casi, non conosciamo l’esistenza. Sostanze chimiche la cui presenza, lo ribadiamo, non compare nemmeno nelle etichette del pane confezionato.
Altra domanda: a cosa servono i semilavorati? Risposta: a fare in modo che il pane trattenga l’acqua: così il pane pesa di più (elemento non secondario, visto il costo del pane). In più, proprio grazie alla presenza di acqua, il pane ‘invecchia’ in tempi rapidi.
Chi ha vissuto la propria infanzia nei piccoli centri ricorderà certo la differenza tra il pane del passato – del suo passato in un piccolo paese – e il pane che acquista oggi.
E oggi? Oggi sono di moda i cosiddetti “miglioratori” che, come ora illustreremo, non migliorano alcunché!
Il lievito naturale ha i suoi tempi, che spesso non sono quelli di un panificio di città. Il pane preparato con il lievito naturale deve, per l’appunto, lievitare. I tempi variano da 24 a 48 ore. I costi di produzione sono più alti e bisogna lavorare la notte.
Qui entrano in scena i “miglioratori”. “Con il termine miglioratori – leggiamo su Ambiente Bio – si intendono gli additivi miscelati con i prodotti da forno: l’acido sorbico usato come conservante (E200), l’acido ascorbico (E300) utilizzato come antiossidante, il talco che funge da anti agglomerante per assorbire l’acqua, ma anche l’acetato di potassio E262, l’acido propionico E261, l’acido acetico E260 e tanti altri ancora. Additivi che possono essere di origine chimica, naturale, vegetale e anche animale: rendono il panetto pronto per essere infornato in tempi brevissimi, grazie a una lievitazione rapida che dura al massimo tre ore”.
E così, senza saperlo, andiamo ad acquistare il pane e portiamo sulle nostre tavole pane ricco di queste sostanze che finiscono nel nostro organismo!
E qui arriva la nostra bella Unione Europea, quella del CETA, cioè dell’accordo commerciale con il Canada che ci costringerà a mangiare prodotti a base di grano duro canadese. Cosa dice la ‘Grande’ UE? Ecco il Regolamento n. 1169/2011.
Cosa prevede tale Regolamento? Dà la possibilità ai produttori di non informare i consumatori circa la presenza di additivi o enzimi alimentari se utilizzati come coadiuvanti tecnologici. Detto in soldoni, non c’è bisogno di indicare nelle etichette la presenza di queste sostanze chimiche.
Per carità: quando acquistiamo il pane al panificio è chiaro che non possiamo sapere nulla di tutto questo. Ma continuiamo ad essere non informati acquistando anche il pane confezionato.
Morale: quando mangiamo il pane non sappiamo cosa stiamo ingerendo nel nostro organismo.
Certo, ci sono i fornai fidati. E se non abbiamo questa opportunità? Possiamo sempre provare a fare il pane in casa. Naturalmente con il lievito naturale o lievito madre.
In questa prima fase le analisi promosse hanno verificato la presenza o l’assenza di glifosato, il diserbante per il quale l’Unione Europea ha momentaneamente, mettiamola così, sospeso il giudizio. Il glifosato, com’è noto, è prodotto da una multinazionale americana – la Monsanto – che circa un anno fa si è fusa con la Bayer. In questi giorni i Paesi che fanno parte dell’Unione Europea debbono decidere se prorogare per altri dieci o cinque anni la possibilità di utilizzare questo diserbante, o se bandirlo definitivamente dalla farmacopea agricola europea. In questo momento il giudizio è sospeso. I giudizi dei Paesi che fanno parte dell’Unione sono contrastanti: Italia e Francia, ad esempio, si sono pronunciati per bandire il glifosato dall’agricoltura europea; mentre Spagna e Regno Unito vorrebbero continuare ad utilizzarlo (la Germania si è astenuta). 
Quindi le conclusioni:
“Da oggi i consumatori hanno qualche risposta in più che evidenzia come sia possibile produrre cibi sani senza contaminanti. E alcune catene della grande distribuzione cominciano a dimostrare sensibilità al tema dei contaminanti”.

http://www.inuovivespri.it/2018/02/11/le-insidie-del-pane-che-non-ci-dicono-prepariamolo-in-casa-con-i-lievito-madre/

http://www.inuovivespri.it/2017/10/28/le-analisi-sulle-semole-ecco-quelle-che-contengono-glifosato-e-quelle-che-non-ne-contengono/

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