Vi propongo questo articolo sapendo che scoperchiare il vaso di Pandora è solo il primo passo, comunque utile a prendere coscienza di come stanno le cose e del perché nella "società del benessere" insorgono sempre nuove e più "mostruose" malattie di fronte alle quali non si riesce a tenere il passo. Ho rimosso la parte finale dell'articolo in cui viene data la ricetta per fare il lievito madre e con esso il pane perché dato che io stessa lo uso, sto cercando di risolvere dei piccoli inconvegnienti relativi al suo uso domestico; quindi vi farò sapere nei prossimi post.
Le insidie del pane: tutto
quello che non ci dicono.
Farina per il pane, cosa contiene? Apriamo una
finestra sul pane che arriva sulle nostre tavole. Cominciando col dire che,
grazie a un Regolamento della solita Unione Europea, i consumatori non vengono
informati. Vi raccontiamo la verità sui cosiddetti “miglioratori”.
Il pane. Che
pane ci fanno mangiare, oggi? L’offerta è tanta, le garanzie sono invece poche.
Che farine usano i panifici dove acquistiamo ogni giorno il pane? A parte casi
rari, le informazioni sono più che carenti. Certo, non mancano i negozi – è il
caso della Sicilia – dove trovare particolari tipi di pane. Ma, lo ribadiamo,
sono casi rari.
E allora?
Qualche notizia. Cominciando col dire che il
lievito naturale, troppo spesso, viene sostituito da additivi chimici che
sono un affare per chi produce il pane, ma non per gli ignari consumatori. Gli additivi chimici, infatti, riducono
tempi e costi di produzione del pane. Ma della loro presenza si sa poco o
nulla. Anche nel pane che viene etichettato non se ne parla.
A tutti noi sarà
capitato di acquistare il pane che, appena sfornato, si presenta caldo e
fragrante. Poi, però, dopo poche ore, lo stesso pane si presenta gommoso. La
croccantezza è durata, sì e no, qualche ora!
Perché succede
questo? Per la presenza di semilavorati
che vengono utilizzati al posto del lievito naturale. Cosa sono i semilavorati?
Prodotti chimici dei quali noi consumatori, nella stragrande maggioranza dei
casi, non conosciamo l’esistenza. Sostanze chimiche la cui presenza, lo
ribadiamo, non compare nemmeno nelle etichette del pane confezionato.
Altra domanda: a
cosa servono i semilavorati? Risposta: a fare in modo che il pane trattenga
l’acqua: così il pane pesa di più (elemento non secondario, visto il costo del
pane). In più, proprio grazie alla presenza di acqua, il pane ‘invecchia’ in
tempi rapidi.
Chi ha vissuto
la propria infanzia nei piccoli centri ricorderà certo la differenza tra il
pane del passato – del suo passato in un piccolo paese – e il pane che acquista
oggi.
E oggi? Oggi
sono di moda i cosiddetti “miglioratori” che, come ora illustreremo, non
migliorano alcunché!
Il lievito naturale ha i suoi tempi, che
spesso non sono quelli di un panificio di città. Il pane preparato con il
lievito naturale deve, per l’appunto, lievitare. I tempi variano da 24 a 48
ore. I costi di produzione sono più alti e bisogna lavorare la notte.
Qui entrano in
scena i “miglioratori”. “Con il termine miglioratori – leggiamo su Ambiente
Bio – si intendono gli additivi miscelati con i prodotti da forno: l’acido
sorbico usato come conservante (E200), l’acido ascorbico (E300)
utilizzato come antiossidante, il talco che funge da anti agglomerante
per assorbire l’acqua, ma anche l’acetato di potassio E262, l’acido
propionico E261, l’acido acetico E260 e tanti altri ancora. Additivi
che possono essere di origine chimica, naturale, vegetale e anche animale:
rendono il panetto pronto per essere infornato in tempi brevissimi, grazie a
una lievitazione rapida che dura al massimo tre ore”.
E così, senza
saperlo, andiamo ad acquistare il pane e portiamo sulle nostre tavole pane
ricco di queste sostanze che finiscono nel nostro organismo!
E qui arriva la
nostra bella Unione Europea, quella
del CETA, cioè dell’accordo
commerciale con il Canada che ci costringerà a mangiare prodotti a base di
grano duro canadese. Cosa dice la ‘Grande’ UE? Ecco il Regolamento n.
1169/2011.
Cosa prevede
tale Regolamento? Dà la possibilità ai produttori di non informare i
consumatori circa la presenza di additivi o enzimi alimentari se utilizzati
come coadiuvanti tecnologici. Detto in soldoni, non c’è bisogno di indicare
nelle etichette la presenza di queste sostanze chimiche.
Per carità:
quando acquistiamo il pane al panificio è chiaro che non possiamo sapere nulla
di tutto questo. Ma continuiamo ad essere non informati acquistando anche il
pane confezionato.
Morale: quando
mangiamo il pane non sappiamo cosa stiamo ingerendo nel nostro organismo.
Certo, ci sono i
fornai fidati. E se non abbiamo questa opportunità? Possiamo sempre provare a
fare il pane in casa. Naturalmente con il lievito naturale o lievito
madre.
In questa prima fase le analisi promosse hanno
verificato la presenza o l’assenza di glifosato, il diserbante per il quale
l’Unione Europea ha momentaneamente, mettiamola così, sospeso il giudizio. Il
glifosato, com’è noto, è prodotto da una multinazionale americana – la Monsanto
– che circa un anno fa si è fusa con la Bayer. In questi giorni i
Paesi che fanno parte dell’Unione Europea debbono decidere se prorogare per
altri dieci o cinque anni la possibilità di utilizzare questo diserbante, o se
bandirlo definitivamente dalla farmacopea agricola europea. In questo momento
il giudizio è sospeso. I giudizi dei Paesi che fanno parte dell’Unione sono
contrastanti: Italia e Francia, ad esempio, si sono pronunciati per bandire il
glifosato dall’agricoltura europea; mentre Spagna e Regno Unito vorrebbero
continuare ad utilizzarlo (la Germania si è astenuta).
Quindi le conclusioni:
“Da oggi i consumatori hanno qualche risposta in più
che evidenzia come sia possibile produrre cibi sani senza contaminanti. E
alcune catene della grande distribuzione cominciano a dimostrare sensibilità al
tema dei contaminanti”.
http://www.inuovivespri.it/2018/02/11/le-insidie-del-pane-che-non-ci-dicono-prepariamolo-in-casa-con-i-lievito-madre/
http://www.inuovivespri.it/2017/10/28/le-analisi-sulle-semole-ecco-quelle-che-contengono-glifosato-e-quelle-che-non-ne-contengono/
http://www.inuovivespri.it/2017/10/28/le-analisi-sulle-semole-ecco-quelle-che-contengono-glifosato-e-quelle-che-non-ne-contengono/
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