Non è tutto oro quello che luccica e così anche dietro alcune etichette fra cui la "Bio" (ma credo valga la stessa cosa per la Ḥalāl ed altre) non sempre si può dire di essere al cospetto di un prodotto davvero genuino e conforme alla norma che si propone di rispettare. Come diceva spesso lo zio Luigi tornando la sera dalla campagna "Siamo arrivati a tempi in cui se non dai niente non cresce più niente", così ci si arrangia come si può. Ma pur avendolo constatato per esperienza diretta, si può ugualmente cominciare ad arginare l'invasione chimica cominciando a fare chiarezza per determinare scelte consapevoli e responsabili.
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lunedì 26 marzo 2018
VOLEMOSE BENE - MANGIARE BIOLOGICO E POI SI VEDRÁ
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lunedì 19 marzo 2018
VOLEMOSE BENE - I FRUTTI DIMENTICATI DELLE REGIONI ITALIANE
I frutti dimenticati
delle regioni italiane che abbatteranno le multinazionali
Il progetto dei
Quaderni “Frutti dimenticati – Biodiversità ritrovata” è nato nel 2010, anno in
cui l’ONU ha proclamato l’Anno Internazionale della Biodiversità.
Il successo dei primi
quaderni ha consentito di sviluppare una collana organica e coerente sui Frutti dimenticati dall’ Italia, con un
taglio scientifico-divulgativo che tratteggia il quadro della situazione delle
Regioni italiane.
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martedì 13 marzo 2018
VOLEMOSE BENE - IL FUTURO DEL CIBO 2
Proseguo con la
pubblicazione del Manifesto sul futuro del cibo; come si vedrà, per chi ha
potuto conoscere la realtà rurale solamente di 25 anni fa, si auspica un “ritorno
all’antica”, quindi nulla di nuovo sotto il sole; un ritorno a quella
conduzione dell’agricoltura e produzione dell’alimento che vedeva protagonista
l’uomo e la famiglia, a garanzia di una sana competizione per la qualità che dopo
è stata soppiantata da una subdola propaganda industriale che ha cominciato a
fare concorrenza con il prezzo più “economico” e ha finito per distruggere una
intera realtà produttiva. I contadini ci sono ancora, è vero, ma ormai il gran
flusso di cibo che produce la terra è commissionato e convogliato verso l’industria
alimentare che purtroppo cura maggiormente l’etichetta che la sostanza e la qualità. Così
mi dico, mettiamo uno stop alle idee balzane che quotidianamente ci insinuano nella
testa perché quando una riforma è fatta, una legge entra in vigore, una
consuetudine si è affermata, anche se sono pessime, è difficile se non proprio
impossibile tornare indietro. E questo a me non sembra certo progresso.
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lunedì 26 febbraio 2018
VOLEMOSE BENE - IL FUTURO DEL CIBO
Propongo la prima parte del “Manifesto
sul futuro del cibo” perché ritengo che la lettura di testi che forniscono
informazioni in controtendenza possa essere di qualche utilità per acquisire
qualche informazione in un mondo che tende a standardizzare tutto. Purtroppo
anche la dove ci sono le migliori intenzioni spesso si finisce per collocarsi sotto
qualche etichetta, ecologismo, biologismo, biodiversità, sostenibilità, ecc.
che a mio avviso, cercando di definire e circoscrivere, riescono a complicare
ciò che invece è molto semplice e riguarda prima ancora che l’ambito sociale,
quello della coscienza personale. Basterebbe, se si vuole, recuperare uno stile
di vita consono alle reali necessità, quello che nei paesi occidentali era
ancora ravvisabile nelle nostre campagne trent’anni fa quando l’industrializzazione
spinta non le toccava ancora; si rispettava la terra e quello che produceva,
quindi non si sprecava e si rispettava la stagionalità; ma si commerciava anche
e ci si impegnava per distinguersi nell’eccellenza della produzione e della
lavorazione del prodotto. Basterebbe cominciare dal non lasciare il rubinetto
dell’acqua più aperto del necessario, o pretendere di mangiare le ciliegie d’inverno,
ma anche non lamentarsi se l’olio e il vino hanno un po’ di fondo e qualche
mela non è proprio tirata a lucido: questo confermerebbe un primo piccolo passo
in controtendenza, rispetto a una mentalità fagocitata da mille suggestioni.
Il MANIFESTO SUL FUTURO DEL CIBO
Parte Prima
INTRODUZIONE: fallimento dell'agricoltura industriale
La spinta crescente
verso l’industrializzazione e la globalizzazione del mondo agricolo e
dell’approvvigionamento alimentare mette in pericolo il futuro dell’umanità e
il mondo naturale. Efficienti sistemi agricoli costruiti dalle comunità
indigene locali hanno alimentato gran parte del mondo per millenni, mantenendo
l’integrità ecologica e continuano a farlo in molte parti del pianeta. Ma oggi
vengono rapidamente sostituiti da sistemi tecnologici e monocolture controllati
dalle multinazionali e finalizzati all’esportazione. Questi sistemi di gestione
manageriale a distanza incidono negativamente sulla salute pubblica, sulla qualità
alimentare e nutritiva, sulle forme tradizionali di sussistenza (sia agricole
che artigianali) e sulle culture indigene e locali, accelerando l’indebitamento
di milioni di agricoltori e il loro allontanamento dalle terre che hanno
tradizionalmente nutrito intere popolazioni, comunità e famiglie. Questa
transizione aumenta la fame, i senza tetto, la disperazione ed i suicidi fra i
contadini. Nel contempo degrada i processi su cui si fonda la vita sul pianeta
e aumenta l’alienazione della gente dalla natura e dai legami storici, culturali
e naturali degli agricoltori e di tutti gli altri cittadini con le fonti di
cibo e sussistenza. Contribuisce, infine, a distruggere le basi economiche e
culturali delle società, minaccia la sicurezza e la pace e crea un ambiente che
produce la disintegrazione sociale e la violenza.
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venerdì 9 febbraio 2018
BURRO
Leggo nella mia rivista preferita:
È una vera e propria rivoluzione copernicana quella con cui gli studiosi stanno riabilitando il ruolo dei grassi nella nostra dieta. Finalmente possiamo dirlo: il burro fa bene.
Recenti studi, diffusi dall'Associazione Italiana Lattiero Casearia, dimostrano che non solo causa obesità, ma contribuisce a controllarla. Inoltre fornisce energia immediata, è molto digeribile, salutare per le ossa e per il rinnovamento delle cellule. Una svolta... anche se, naturalmente, non bisogna eccedere: la dose quotidiana consigliata è di soli 20 grammi (i "burrini" che troviamo sul tavolo apparecchiato per la colanegli negli hotels pesano 10/12,5 grammi)
In Italia ne mangiamo circa 2,5 Kg a testa all'anno: possiamo concederci un aumento!
Ho ripreso la notizia riportata ne La Cucina Italiana di febbraio 2018, perché dopo anni trascorsi sul "banco degli imputati", accusato di ogni male possibile e immaginabile, giustizia sembra essere fatta: il burro non fa male, anzi, fa bene! Del resto da quando i consumi sono determinati solo dalla "moda" e dal "profitto" che vedono negli influencer gli alfieri di una persuasione neppure troppo occulta di quello che dobbiamo dire, fare, mangiare, scrivere e testare, non stupisce che anche nel campo alimentare, per l'importanza che ha, si assista periodicamente alle alterne fortune/sfortune di cibi e stili. Ripensando alla rilevanza che avevano in una casa i grassi, sia vegetali che animali -con il burro per restare in tema, si lenivano persino i bernoccoli- una domanda mi si affaccia alla mente: al di là delle statistiche, anche esse funzionali come gli influencer a consumi pilotati, non è che questo ci ha cambiati e per rincorrere troppa innovazione abbiamo anche perso ragionevolezza e capacità di discernimento? Gli antichi, che non sono più di moda altri che come archeologia, ma detengono tutt'ora la perpetuità della saggezza, ci ricordano che "come il burro pervade il latte", in medio stat virtus.
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lunedì 5 febbraio 2018
VOLEMOSE BENE - COSA BOLLE IN PENTOLA?
Questo articolo, a prescindere dall'"idea che ciascuno può avere di famiglia", mi sembra degno di nota perché fa emergere che razza di politiche e interessi si nascondono dietro il cibo, ossia la cosa più "intima" che portiamo in casa e consumiamo in noi stessi. Ho documentato l'invadenza degli OGM, nell'agricoltura e nell'economia, ma questi costituiscono solo l'aspetto materiale dell'alimento; ora vediamo dal punto di vista "ideologico" cosa ispira la manipolazione di ciò che bolle nella pentola che abbiamo sul fuoco.
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giovedì 18 gennaio 2018
VOLEMOSE BENE - IL PREZZO DELLA VITA
Vero è che in questa intervista si parla
prevalentemente del cotone, ma come si potrà comprendere se si arriva a leggere
sino alla fine, questo è solo il punto d’inizio. La strategia che la Monsanto
sta perseguendo è chiara: creare un monopolio con il proprio materiale geneticamente modificato, in modo che poi
nessuno possa competere sul mercato con prodotti derivanti da sementi completamente
pure. Attenzione perché melanzane, cipolle, cavolfiori, senape ed altro sono già
in cantiere: preoccupiamoci sempre di cosa portiamo in tavola e impariamo a diffidare,
perché come dice un vecchio proverbio russo, il formaggio gratis è solo nella
trappola per i topi.
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venerdì 29 dicembre 2017
VOLEMOSE BENE - LA VERA STORIA DI BABBO NATALE
Sin dal XIV secolo, ogni 6 dicembre, Nicola veniva a portare i doni
ai bambini del Nord Europa, passando attraverso il camino. Era una
figura molto popolare e molto amata e questo sembra avergli dato la
forza di resistere durante un periodo in cui le immagini e le statue dei
santi venivano rase al suolo, bruciate e distrutte. S.Nicola è così rimasto nella memoria popolare, in una forma che
J.Seal definisce “dormiente”, fino agli inizi del XIX secolo. Gli
olandesi, nella cui lingua porta il nome di Sinterklaas, lo portarono
nel Nuovo Mondo, in particolare nella Nuova Amsterdam, l’odierna
Manhattan, e la pronuncia americana dell’olandese portò all’evoluzione
linguistica da Sinterklaas all’odierna pronuncia anglosassone di Santa
Claus. Nel frattempo, a cavallo fra l’Olanda e gli States, acquistò
slitta, renne e campanellini, tipici del Nord Europa, nel periodo
invernale. E’ nei primi decenni del 1800 che, per opera di un gruppo di
scrittori americani – prima Washington Irving, poi Georg Pintard, poi
ancora Clement Clark Moore, insieme ad un fiorire di poesie anonime
Santa Claus, oramai resosi completamente indipendente da San Nicola, pur
conservandone la realtà del dono ed il nome, divenne popolare nella sua
nuova forma. Il nome che Babbo Natale conserva tuttora nella tradizione
anglosassone, Santa Claus, non viene più percepito come nome di un
santo, pur essendone la chiara derivazione. Santa Claus-Babbo Natale non
è più, così, legato al 6 dicembre, e la tradizione dei suoi doni si è
trasferita definitivamente al giorno di Natale.
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venerdì 8 dicembre 2017
VOLEMOSE BENE - CONTROLLO DEL CIBO CONTROLLO DEI POPOLI
Un’analisi chiara e documentata sull’origine e l’attuazione delle politiche neomaltusiane.
Il ruolo non dichiarato delle sementi OGM.
«Chi controlla il cibo controlla i
popoli», ammoniva Kissinger, che fu tra i primi ad intravedere il filo
rosso che lega alimentazione e demografia. Ciò ha portato Engdahl ad
osservare che «i programmi per la riduzione della popolazione e per la
diffusione delle colture geneticamente modificate facevano parte della
stessa strategia ad ampio raggio: una drastica riduzione della
popolazione – o genocidio, che dir si voglia – attraverso la sistematica
eliminazione di intere etnie, come risultato di un preciso disegno
politico criminale, presentato sotto la presentabile etichetta di
“soluzione del problema della fame nel mondo”».
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domenica 3 dicembre 2017
VOLEMOSE BENE - IL SEME DEL DIAVOLO: STORIA DI TERRORE
"La Monsanto è il seme del diavolo, senza ombra di
dubbi". E per tale ragione come si diceva quando
si parlava schietto e rustico allo stesso modo in cui si mangiava sano, non
permettiamo a nessuno di "metter becco" nel nostro piatto, perché le
Corporation cominciano a esercitare il loro potere proprio controllando l’alimento,
dalla sua produzione sino alla sua lavorazione e distribuzione. Quindi
attenzione perché il cibo, da medicina universale,
non divenga in un "gioco di suggestione" perversa e persuasiva lo strumento più efficace di dominio e controllo con buona pace di "tutta" la libertà di cui crediamo di disporre.
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giovedì 28 settembre 2017
VOLEMOSE BENE - IL PIATTO VUOTO CHE VERRÁ
Avevo posto una domanda qualche giorno addietro, "abbiamo mangiato ieri, ma oggi e domani?" Stando al rapporto annuale di Biodiversity International non dovrà essere un'abitudine scontata quella di avere cibo nel piatto perché sono a RISCHIO DI ESTINZIONE diverse varietà alimentari che faranno scendere sempre più il numero delle speci da cui proviene il cibo. Che dire... a mio avviso se non ci sarà un radicale cambiamento della mentalità e dello stile di vita, temo che ne vedremo delle brutte.
O
Signore benedici e proteggi la Tua Terra perché ci dia sempre buoni
frutti e ci offra un luogo di sosta nel nostro viaggio che riconduce a
Te.
giovedì 21 settembre 2017
VOLEMOSE BENE - ABBIAMO MANGIATO IERI, MA OGGI E DOMANI?
Abbiamo mangiato ieri, ma oggi e soprattutto domani, avremo qualche cosa nel piatto? A dispetto dell'apparenza la domanda non è affatto retorica e se si considerano le politiche che quasi tutti i governi che si sono succeduti alla guida dei diversi paesi hanno perpetrato nel corso degli anni, c'è poco da stare allegri riguardo alla risposta che si potrà dare. Infatti è evidente che a parte qualche eccezione isolata, i settori che producono l'alimento, quindi in primis l'agricoltura, sono stati via via sempre più mortificati per non dire "devastati"; naturalmente pensiamo alle piccole aziende domestiche e non alle culture intensive che fanno capo alle solite multinazionali.
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martedì 5 settembre 2017
VOLEMOSE BENE - DONNE DI MAIS
"Donne di mais" di Esther Vivas, fra gli articoli proposti della stessa autrice,
presenta i maggiori connotati ideologici di impronta marxista. Seppure tutto è
politica, si potrebbe dire, perché non c’è nulla di ciò che un individuo pensa
e fa che non vada a influire sugli equilibri della “polis”, tuttavia ogni
categoria ideologica in ultimo costituisce solo una gabbia, quindi un limite
per la Verità. Pertanto tutti coloro che vorranno leggere questa pagina, se
condividono quanto appena asserito, dovrebbero cercare solo di cogliere le
informazioni, che danno la misura di cosa bolle in pentola, i tratti essenziali
della "ricetta" che si sta preparando che per la sua natura presenta quegli
"ingredienti" oppressivi di un sistema che affamando gli uomini li controlla e li
domina come fossero animali. Non si può dunque che dissentire anche con le
conclusioni perché un male come la “globalizzazione” non si può combatterlo con
un’altra “globalizzazione parziale” (com’è la “resistenza al femminile”), ma
semmai operando un raddrizzamento delle coscienze che si fondi sul
riconoscimento di Principi Universali. Fatto ciò, “recuperare il nostro diritto
a decidere su cosa, come e dove si produce ciò che mangiamo, della
riappropriazione della terra, dell’acqua e delle sementi da parte dei contadini
e di combattere il monopolio lungo la catena agroalimentare”, verrà da sé.
DONNE DI MAIS
di Esther Vivas
Si calcola che nei paesi del Sud del
mondo ricada sulle donne tra il 60 e l’80% della produzione
alimentare (un 50% a livello mondiale): sono esse che si occupano della
lavorazione della terra, della manutenzione delle sementi, della raccolta e
dell’acqua. Sono loro che portano avanti le coltivazioni di alimenti, quali
riso, grano e mais, che sfamano le popolazioni più povere del Sud del mondo, ma
nonostante il loro ruolo fondamentale sono proprio le donne, insieme ai
bambini, coloro che soffrono di più la fame.
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martedì 29 agosto 2017
VOLEMOSE BENE - MANGIARSI IL MONDO
"Questo
modello di alimentazione chilometrica e viaggiante, così come l’uso di
agrochimici derivati dal petrolio, implica una forte dipendenza dalle risorse
fossili. Di conseguenza, nella misura in cui il modello produttivo agricolo e
dell’allevamento industriale dipendano fortemente dal petrolio, la crisi
alimentare, la crisi energetica e la crisi climatica sono intimamente
relazionate".
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domenica 20 agosto 2017
VOLEMOSE BENE - GIUSTA MISURA E CORRETTA ALIMENTAZIONE
Il discorso vien lungo, verrebbe subito da dire; ma come spesso capita occorre andare al punto centrale per cogliere l’ampiezza di una circonferenza, perché altrimenti, prendendo dei riferimenti impropri si finisce per disperdersi. Così come quando oggi parliamo di alimentazione, rimedi naturali, proprietà dei cibi, delle erbe e delle bevande, se non contestualizziamo rischiamo di compilare una sorta di lista della spesa che ci fa spendere tempo e denaro con pochi risultato. Per questo accostando le opere di Saggi e di Santi, prima ancora di affrontare i contenuti occorre rifarsi al Contenente: tutti costoro infatti, a qualsiasi religione appartengano, hanno una cosa che li unisce, sono credenti nell’Essere Supremo. Non meraviglia pertanto che anche quando parlino delle cose che riguardano più da vicino l’essere umano, come l’alimentazione e le cure, lo facciano non per sentito dire o per “studio” acquisito, ma per conoscenza ed esperienza diretta; ciò naturalmente implica però un ordine e un’armonia che seppure ancora oggi sono presenti, l’uomo moderno è un po’ desueto e insensibile a cogliere. Leggendo dunque anche solo queste poche note che proponiamo sotto a cura della dottoressa Guarato, occorre avere in vista l’Unità del mosaico e non considerare le diverse pietruzze che lo compongono come a sé stanti; i risultati di questo cambio di prospettiva che di questi tempi può apparire certamente “rivoluzionario” possono essere davvero inaspettati, riportando in tutte le cosea a quella "giusta misura" che come diceva Ildegarda "l'uomo non può che imporsi da solo".
L’alimentazione secondo Santa Ildegarda
Dott.ssa Katie Alessia Guarato (biologa nutrizionista)
Santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), monaca
benedettina, fu una personalità straordinariamente eclettica. E’ considerata
una delle figure più significative del Medioevo. Ultima figlia di una famiglia
aristocratica, entrò in convento all’età di 8 anni e vi rimase fino alla morte,
avvenuta all’età, per quei tempi straordinaria, di 81 anni. Ildegarda definisce
subtilitates le forze curative che la natura nasconde dentro gli
alimenti.
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venerdì 11 agosto 2017
VOLEMOSE BENE - DIFESA DELLA TERRA... E DEI SUOI ABITANTI?
A pensarci bene,
basterebbe sgomberare la testa da tutti gli slogan con cui è infarcita per
riacquistare un minimo di coscienza critica che sappia riconoscere il “bene
comune” al di là dei colori ideologici preconfezionati. Sappiamo tutti la
rilevanza che ha la “questione alimentare”, sia come diritto al cibo, come diritto
alla terra che lo produce e controllo sulla qualità, quindi sulle attività che lo lavorano e lo “trasformano”. Forse per questo alcuni fra gli
“slogan sociali” più ingombranti gravitano proprio attorno alla “difesa della
terra”: ambientalismo tout court, questioni climatiche, surriscaldamento
globale e chi più ne ha più ne metta. Verrebbe da chiedersi allora: “Può
esserci difesa della terra, senza che vi sia difesa del popolo che la abita?”.
La domanda non vuole essere affatto retorica, semmai, “partendo dal basso” -dato
che nel mondo moderno non si riconosce più agli autentici Principi la funzione
di orientamento dell’azione- costituisce una “provocazione” per smascherare i
lupi travestiti da agnelli. E se andassimo
a guardare bene nell’armadio di tanti “filantropi”, la commistione col male che
con le loro “attività benefiche” dicono di voler aiutare a curare, risulterebbe
evidente, in modo imbarazzante, per chi avendolo sotto gli occhi pure non lo
vede ancora.
“La terra a chi la lavora”
di
Esther Vivas
La terra è una fonte di ricchezza per
pochi, qui e dall’altra parte del pianeta. In Spagna il boom immobiliare ha
lasciato un’eredità di sviluppo urbano rovinoso, aeroporti senza aerei (quasi),
città fantasma, enormi progetti infrastrutturali obsoleti … E nel Sud globale,
il desiderio di trarre profitto dalla terra ha cacciato contadini e popoli
indigeni e imposto monocolture da esportazione, vaste infrastrutture a
esclusivo vantaggio del capitale e saccheggio delle risorse naturali.
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martedì 1 agosto 2017
VOLEMOSE BENE - IL CONSUMO TI CONSUMA
Prima di tutto riteniamio che sia una
questione di "mentalità"; ma questa è pur vero che per formarsi da
qualche parte deve pur prendere. E siccome oggi gli autentici Principi, quelli
spirituali per intenderci sono stasti riposti in soffitta come "cose vecchie", è più facile essere
esposti a correnti di pensiero di equivoca provenienza e indotti ad arte al
solo scopo di "asservire", seppure mai come oggio si abbia la sensazione di essere liberi. In taluni casi una buona coscienza critica
potrebbe giovare, ma se le fondamenta non sono solide è comunque come costruire
sulla sabbia, fatica sprecata. Per tale ragione le domande che si trovano nell'articolo che
segue dovrebbero se non altro scuotere le coscienze e fare aprire gli occhi sul
fatto che davvero "il consumo consuma" e "la felicità non si
compra a colpi di buoni sconto" che va quasi sempre a scapito della qualità. E se dunque all'inizio è una questione di
mentalità, alla fine questa determina uno stile di vita.
Consumare danneggia gravemente la tua salute… e quella del pianeta
di Esther Vivas
“Una signora,
per ottenere le migliori offerte nel discount Wal-Mart, è arrivata al punto di
spruzzare con uno spray al peperoncino gli altri clienti, con l’intenzione di
allontanarli dalla merce desiderata”. Questa potrebbe essere la scena di un film
di Pedro Almodóvar se non fosse che l’immagine appartiene alla realtà e la
storia è stata pubblicata, il 25/11/2011, sul quotidiano Los Angeles Times.
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martedì 25 luglio 2017
VOLEMOSE BENE - COSA CONSUMARE?
La scorsa
settimana ci siamo interrogati: “Sappiamo cosa mangiamo?”. Oggi proviamo a
leggere una delle risposte possibili: il rifiuto del consumo globale tout court
e il recupero della “capacità di decidere in merito a produzione, distribuzione
e consumo, dei principali attori coinvolti in questo processo: i contadini e i
consumatori”. Proprio queste ultime due categorie invece sono le grandi assenti
dalla visione liberista dell’economia che le considera solo come polli d’allevamento
che producono e consumano se stessi in un loop interminabile, passando dallo
stato di persone a quello di cose. Se ci pensiamo bene infatti la speculazione
finnanziaria dopo essersi mangiata il denaro della gente, ha cominciato a mangiare
il suo cibo e ora in una foga “cannibalizzatrice” il cui marchio la dice lunga sulle finalità
che si propone, ha cominciato a mangiarsi le persone stesse, perché se ci si
pensa bene, quando si introduce sul mercato un nuovo prodotto di basso valore,
a farne le spese sono proprio i produttori e i consumatori defraudati. Ma
questo passa il convento oggi. I gruppi e le cooperative di consumo
agro-ecologici, che negli ultimi anni si sono moltiplicati ovunque, sembrano un
primo passo nella direzione di riappropriarsi di ciò che per diritto naturale
ci spetta: l’alimento.
Gruppi di consumo:
recuperare la capacità di decidere cosa consumare
recuperare la capacità di decidere cosa consumare
di Esther Vivas
Cosa mangiamo?
Da dove viene, come è stato trasformato e quale prezzo paghiamo per quello che
compriamo? Sono domande che sempre più cittadini consumatori si pongono. In un
mondo globalizzato, dove la distanza tra contadino e consumatore si è allungata
fino al punto in cui entrambi non hanno praticamente alcun impatto sulla catena
alimentare, sapere quello che mettiamo in bocca importa di nuovo, e molto.
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martedì 18 luglio 2017
VOLEMOSE BENE - SAPPIAMO COSA MANGIAMO?
“Un sistema il
cui obiettivo fondamentale è di cercare di tratte il massimo profitto dalla
produzione di qualcosa di così indispensabile come il cibo”. Basterebbe questa
affermazione e la coscienza di cosa implica, per imporre una seria riflessione
su cosa mettiamo nel piatto. Il “dio quattrino” corrompe proprio tutto e per
riportare l’attenzione in Italia basterebbe ricordare lo scandalo della “terra
dei fuochi” da cui si è scoperto -dopo, ovviamente- che provenivano molti
ortaggi di “qualità” destinati al consumo quotidiano. La mancanza di scrupoli,
oggi contraddistingue tutti, sia coloro che fanno enormi profitti, sia i consumatori
che inebetiti da una propaganda tanto “rassicurante” quanto ingannevole che
forgia una mentalità sempre più omologata, rinunciano a qualsivoglia critica e
si lasciano imporre il dictat del “mangia e tâs” (mangia e taci).
Sappiamo
che cosa mangiamo?
di Esther Vivas
Se una volta ci
vendevano carne di gatto per coniglio, oggi ci vendono carne di cavallo per
carne di marzo. Sapere che cosa mangiamo è diventata una cosa sempre più
difficile. Il recente scandalo alimentare scatenato dalla scoperta di carne di
cavallo in prodotti nei quali ci sarebbe dovuto essere carne di manzo non fa
che mettere ulteriormente in evidenza questa difficoltà. Cannelloni “La
Cocinera”; hamburger di Eroski; ravioli e tortellini di carne Buitoni, polpette
della Ikea non sono che alcuni dei prodotti che sono stati ritirati dal
mercato. A conferma che noi tutti non abbiamo nessuna idea di quello che
mangiamo.
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martedì 11 luglio 2017
VOLEMOSE BENE - SPRECO ALIMENTARE
Siamo al cospetto di un vero e proprio "crimine contro l'umanità", perpetrato con il buonismo ipocrita del "3x2" che finisce quasi sempre nel "2x3" ad opera di quella rapace mentalità borghese che nel silenzio, nell'incuranza che poi è semplice ignoranza, affonda le radici dei suoi profitti. Un crimine che dunque non desta troppa indignazione seppure per un credente dovrebbe gridare giustizia a Dio. Esther Vivas in un suo articolo afferma che "La produzione di
alimenti dagli anni sessanta si è triplicata, secondo quanto afferma
l’organizzazione GRANO, mentre la popolazione mondiale da allora si è soltanto
raddoppiata. Disponiamo di una quantità notevole di cibo, maggiore che in
nessun altro periodo della storia, però se non si dispone di denaro per pagarlo
o per avere accesso alla terra, all’acqua, ai semi…per produrre, non si mangia": allora i conti non tornano se in questo momento c'è chi ha fame e non può soddisfare il suo diritto elementare di sfamarsi mentre tonnellate di cibo vanno sprecate. Per questo serve non farsi irretire nella "propaganda di sistema" e usare la propria testa, magari lasciandosi ispirare da qualche idea eterna, per cambiare mentalità, il proprio stile di vita e infine il mondo; in caso contrario, se ci si ostina a scialacquare, in realtà dilapidando i beni di cui si viene provvisti non si compie altro che la dispersione e la rovina di sé stessi.
La
voragine del cibo sprecato 5 milioni di tonnellate all’anno finiscono
nell’immondizia
Il paradosso: le promozioni e gli sconti inducono ad acquisti eccessivi.
Una legge favorisce le donazioni dell’invenduto per ridurre il fenomeno
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