La leggenda dice che San
Giovanni Battista utilizzava l’artemisia come cintura quindi, nel Medioevo,
quando c’era la festa di San Giovanni, la gente usava i rametti di questa
pianta per tener lontano il male.
L’artemisia è una pianta
selvatica diffusa per lo più nei luoghi aridi e incolti, dalla pianura alla
zona collinare di tutta Italia ed Europa. Si presenta con un fusto molto
ramificato di colore rossastro leggermente aromatico; i fiori sono numerosi,
raccolti in pannocchia, di colore giallo. Dopo la gramigna è la pianta più
infestante per le coltivazioni. Fra le varietà più diffuse nel nostro paese l’artemisia
genepì che vive in montagna e trova largo impiego per le sue proprietà
medicinali.
Il nome della pianta deriva
dal greco artemes che vuol dire “sano” ed era conosciuta ovunque (Cina, Grecia, Egitto), fin dall’antichità per
le sue proprietà curative. Usata dagli ippocratici, apprezzata da Dioscoride, anche
a Roma era impiegata per curare diverse malattie; fu ritenuta una vera panacea
durante tutto il Medioevo.
In fitoterapia si utilizzano
solo le parti aeree, ovvero le foglie e i fiori. In passato veniva usata contro
lo scorbuto, come febbrifuga, antireumatica e amaro-tonica.
Oggi è impiegata contro i
dolori mestruali o contro i flussi scarsi, in caso di nausea o vertigini, nelle
digestioni difficili, contro i vermi intestinali, disturbi epatici. È digestiva, depurativa e disintossicante del fegato.
Infuso: mettere una manciata di fiori secchi in mezzo litro di acqua bollente, dopo venti minuti colare e addolcire con miele; bere un bicchiere tre volte al giorno.
Polvere: ridurre dopo averle essiccate, le
radici in polvere; amalgamarle al miele o marmellata e prenderne un cucchiaino
al giorno per disintossicarsi.
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