Quanto sta accadendo col dilagare del virus covid-19, va ben oltre la legittima preoccupazione per la tutela della "salute pubblica". Sembra infatti che in balia di uno sconvolgente "état d'eprit", in primis coloro che dovrebbero avere i nervi saldi e una visione ampia e profonda in quanto tengono in mano le redini del Paese, non vedano oltre quello che accade drammaticamente nel presente. Ma quando ci sveglieremo da questo "letargo forzato" scopriremo che i problemi che dovremo affrontare saranno pari se non più gravi di quelli sanitari. Primo fra tutti quello dell'alimmentazione che senza una pianificazione adeguata sin da oggi, rischia di fare saltare il sistema produttivo e alimentare a cui siamo stati abituati dagli anni '50 sino ad oggi.
Coldiretti,
anche i parenti nei campi al lavoro contro la fame
(Teleborsa)
– Tempo di isolamento e di crisi, di conseguenza preoccupazione per i
rifornimenti alimentari, in primo luogo dei prodotti dell’agricoltura. Il Decreto Cura Italia, sottolinea
Coldiretti, per l’emergenza coronavirus prevede che le attività prestate dai
parenti e affini fino al sesto grado non costituiscono rapporto di lavoro, né
subordinato né autonomo, a condizione che la prestazione sia resa a titolo
gratuito. Quindi, se disponibili, lavoro anche per nonni, genitori, figli,
nipoti, suoceri, generi, nuore, fratelli, zii, cugini e altri congiunti. E’ un
ritorno al passato, a una prassi un tempo molto diffusa in agricoltura.
“Una
partecipazione da anni praticamente scomparsa – afferma il Presidente
Coldiretti, Ettore Prandini – e che ora è divenuta urgente per la stretta di
ingressi alle frontiere che ha fermato l’arrivo nelle campagne italiane di
lavoratori esteri dai quali dipende almeno un quarto dei raccolti nazionali.
Occorre quindi un intervento comunitario per creare corsie verdi alle frontiere
interne dell’Unione Europea per la circolazione dei lavoratori agricoli al fine
di garantire gli approvvigionamenti nella filiera alimentare”.
“È
ora anche necessaria subito una radicale semplificazione del voucher agricolo – aggiunge Prandini –
che possa consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani
lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole,
università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori
potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle
attività di raccolta nelle campagne”.
Con
il blocco delle frontiere rischiano di mancare all’appello i 370mila lavoratori
regolari stranieri che arrivano ogni anno in Italia dall’estero e che
forniscono il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. La
comunità più presente in Italia è quella rumena, con 107591 occupati. A seguire
marocchini, indiani, albanesi, senegalesi, polacchi, tunisini, bulgari,
macedoni e pakistani. Un problema che in ogni caso riguarda tutti i grandi
Paesi agricoli dell’Unione Europea, dove complessivamente mancano quasi un
milione di lavoratori agricoli stagionali. Il rischio è che l’Unione Europea
perda quest’anno l’autosufficienza alimentare e il suo ruolo di principale esportatore
mondiale di alimenti per un valore di circa 138 miliardi di euro.
In Italia, la Ministra
delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, è intervenuta per prorogare i
permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza, al fine di evitare
agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese proprio con l’inizio della
stagione di raccolta nelle campagne. La proroga, secondo la circolare del
Ministero dell’Interno, dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di
soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile.
Fonte: https://quifinanza.it
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