Per introdurre l'argomento e meditrci un po' sopra:
"Beith-El, «casa di Dio», divenne Beith-Lehem, «casa del pane», la città in cui nacque Cristo; e ancora a proposito del pane che si identifica con la «carne» del Verbo manifestato, può essere interessante notare che la parola araba lahm, che è la stessa dell’ebraico lehem, ha appunto il significato di «carne» invece di quello di «pane»".
IL BUON PANE LO RICONOSCI ALLA SERA
Potrebbe sembrare un titolo di qualche racconto o
lo slogan per una campagna pubblicitaria, invece corrisponde a un dato di
fatto, basta provare. Oggi viviamo tempi in cui, avendo l'apparenza soppiantato
la sostanza, è fin troppo facile comperare al mattino un pane che è croccante e
profumato (il sapore ahimé non tradisce), mentre già dopo poche ore si sgonfia
e diviene gommoso. Ciò naturalmente non solo per l’imperizia dei panettieri che
purtroppo si vedono quasi tutti costretti a lavorare con quello che passa il
convento: farine di qualità sempre più scadente e preconfezionate per
realizzare i diversi tipi di pane. E se da un lato in ciò si può scorgere il costante
processo di infiltrazione dell’industria nelle attività produttive, agricole e artigianali,
dall’altro occorre altresì tener in conto che a seguito di una
esponenziale crescita dei costi di impresa, spesso
per cercare di non perdere quote di mercato ci si aggiusta come si può, magari
anteponendo un prezzo più economico alla qualità. Così è questa a farne le
spese e i consumatori ne pagano il prezzo vedendo aumentare in modo sempre più
diffuso intolleranze quali la ciliachia.
Per tali e altre ragioni, un
alimento di base che ci sostiene tutti i giorni come il pane, dovrebbe essere
fatto in casa come una volta, per recuperare le sue proprietà nutrizionali, sfatando
così anche la “superstizione” che la sua realizzazione richieda ore e ore di
faticoso lavoro: di fatto occorrono 30 minuti di impasto (per il quale ci si
può avvalere di una impastatrice elettrica), 35/45 minuti per la cottura; mentre
per la lievitazione che però non richiede attività da parte dell’attore, circa
10 ore.
RICETTA per due pagnotte di 1400 gr. totali
"Non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta?"
(I Corinzi 5:6)
Poolish:
nella panificazione con metodo indiretto, il poolish è un preimpasto ottenuto
miscelando acqua, farina e lievito in proporzioni tali che risulti molto
liquido.
Miscelare 450 ml. di acqua; 4,5 gr. di lievito di
birra fresco; 450 gr. di farina di grano tenero tipo 0. Ottenuta la miscela
semiliquida lasciare lievitare per circa 3/4 ore a seconda della temperatura
ambiente. Il poolish è pronto quando in superfice affiora una “crepa”.
Impastare quindi il poolish aggiungendo 270 ml.
di acqua; 450 gr. di farina; 18 gr. di sale:
-con l’impastatrice ci si dovrà avvalere
del gancio a foglia e l’impasto sarà sufficiente quando sarà completamente
raccolto intorno al gancio;
-a mano occorreranno circa 10 minuti di lavoro
costante per avere un risultato soddisfacente.
A questo punto lasciare riposare e lievitare per
circa 5 ore. Spolverare il piano di lavoro con semola di grano duro, quindi con
molta delicatezza versarvi sopra l’impasto lievitato, dividerlo in due parti e
appiattirle leggermente con la pressione delle dita, se serve (ossia se si
attacca alle mani) dare una spolverata di semola. Dare due pieghe a ognuna di
queste due parti, poi riporle in due contenitori ampi e richiuderli con un
coperchio; lasciare riposare per altri 30 minuti. Nel frattempo mettere due
terrine di ceramica nel forno e riscaldarlo fino a fargli raggiungere la sua
massima temperatura (220/240 gradi); ritrarle dal forno e versarvi in ciascuna
gli impasti poi infornare. Cuocere a temperatura massima per 10/15 minuti dopo
abbassare a 180° e proseguire la cottura per altri 35 minuti. Una volta
sfornato il pane lasciarlo raffreddare su una griglia.
Il pane e la sua storia
Il pane è figlio dell'agricoltura. In epoca preistorica, prima che l'uomo
decidesse di stabilirsi su un territorio limitato e di coltivare gli elementi
vegetali della propria dieta invece di dedicarsi alla raccolta di semi, erbe e
radici, i cereali venivano macinati tramite sfregamento fra due pietre e
utilizzati per fare polente, che per secoli rappresentarono la base
dell'alimentazione della maggior parte delle popolazioni. All'incirca 10.000
anni fa, le fertili pianure irrigate da Tigri ed Eufrate videro nascere e
svilupparsi un nuovo modo di intendere il rapporto fra uomo e ambiente
naturale: l'agricoltura. Ma per il pane era ancora presto. Verso il 6000 a.C.,
lo sviluppo delle tecniche agricole nella valle del Nilo fu affiancato da un
affinamento delle tecniche di macinazione: i chicchi dei cereali, ricavati in
quantità mai raccolte prima, potevano essere frantumati e ridotti in parti
piccolissime che, mescolate con acqua e sale, venivano cotte su pietre roventi.
Sembra siano trascorsi ancora 3000 anni prima della comparsa del pane
lievitato, avvenuta in Egitto ma probabilmente verificatasi all'incirca nella
stessa epoca anche in altre parti del mondo. Forse, un giorno qualcuno
dimenticò un pugnetto di acqua e farina. Dopo qualche ora, grazie al caldo sole
egiziano, la pasta era lievitata. Una volta cotta, si rivelò particolarmente
gustosa, gradevole e ben digeribile.
Con il tempo le tecniche di cottura migliorarono. All'inizio si ricorreva a una buca rivestita di pietra, in cui veniva acceso un fuoco; quando la temperatura era ritenuta sufficiente si levavano fuoco e cenere e si metteva il pane a cuocere chiudendo la buca con una pietra. Poi si procedette a coprire con un vaso la pietra su cui cuoceva il pane. Si arrivò anche alla costruzione di una struttura suddivisa in una camera di combustione inferiore e un vano forno superiore in cui il pane veniva fatto cuocere. Insieme alla birra, il pane costituiva la base dell'alimentazione di tutta la popolazione. Rappresentava il salario del contadino e un alimento di consumo quotidiano per tutti, tanto che veniva lasciato nelle tombe, insieme ad altri cibi e oggetti preziosi, affinché il defunto non soffrisse la fame. I greci, la cui terra non era adatta alla coltivazione del frumento, importarono dall'Egitto i cereali e con essi la passione per il pane. Aggiunsero nuovi aromi e sapori e diventarono famosi per la preparazione di pane e focacce che condivano con olio, ammorbidivano con latte, aromatizzavano con pepe e altre erbe, impastavano con il vino e il miele. I fornai greci furono i primi a lavorare il pane di notte, in modo che la gente al mattino lo trovasse cotto, fresco e croccante.
Le pianure dell'Italia permettevano una buona produzione di cereali, e quello maggiormente apprezzato dai romani era il farro, base etimologica della parola "farina". Inizialmente il farro era utilizzato per la produzione di focacce salate non lievitate. Il consumo di pane di frumento lievitato si diffuse fra i romani solo in seguito ai contatti con la cultura ellenica. Molti fornai greci furono portati a Roma come schiavi e impiegati in forni pubblici. Il pane era però appannaggio di quote piuttosto piccole (e privilegiate) della popolazione: sulle tavole dei contadini restavano prevalenti le polente o i pani fatti con cereali meno pregiati come l'orzo, la segale e l'avena, e in cui spesso la crusca aveva un ruolo predominante. Il pane era dunque un segno distintivo di ceto.
Con il tempo le tecniche di cottura migliorarono. All'inizio si ricorreva a una buca rivestita di pietra, in cui veniva acceso un fuoco; quando la temperatura era ritenuta sufficiente si levavano fuoco e cenere e si metteva il pane a cuocere chiudendo la buca con una pietra. Poi si procedette a coprire con un vaso la pietra su cui cuoceva il pane. Si arrivò anche alla costruzione di una struttura suddivisa in una camera di combustione inferiore e un vano forno superiore in cui il pane veniva fatto cuocere. Insieme alla birra, il pane costituiva la base dell'alimentazione di tutta la popolazione. Rappresentava il salario del contadino e un alimento di consumo quotidiano per tutti, tanto che veniva lasciato nelle tombe, insieme ad altri cibi e oggetti preziosi, affinché il defunto non soffrisse la fame. I greci, la cui terra non era adatta alla coltivazione del frumento, importarono dall'Egitto i cereali e con essi la passione per il pane. Aggiunsero nuovi aromi e sapori e diventarono famosi per la preparazione di pane e focacce che condivano con olio, ammorbidivano con latte, aromatizzavano con pepe e altre erbe, impastavano con il vino e il miele. I fornai greci furono i primi a lavorare il pane di notte, in modo che la gente al mattino lo trovasse cotto, fresco e croccante.
Le pianure dell'Italia permettevano una buona produzione di cereali, e quello maggiormente apprezzato dai romani era il farro, base etimologica della parola "farina". Inizialmente il farro era utilizzato per la produzione di focacce salate non lievitate. Il consumo di pane di frumento lievitato si diffuse fra i romani solo in seguito ai contatti con la cultura ellenica. Molti fornai greci furono portati a Roma come schiavi e impiegati in forni pubblici. Il pane era però appannaggio di quote piuttosto piccole (e privilegiate) della popolazione: sulle tavole dei contadini restavano prevalenti le polente o i pani fatti con cereali meno pregiati come l'orzo, la segale e l'avena, e in cui spesso la crusca aveva un ruolo predominante. Il pane era dunque un segno distintivo di ceto.
È molto interessante ripensare
al ruolo del pane nell'Antico e nel Nuovo testamento: gli ebrei in fuga
dall'Egitto non ebbero il tempo di far lievitare l'impasto e fecero cuocere il
pane non lievitato, rimasto da allora elemento essenziale della loro identità.
I cristiani invece utilizzeranno il pane come simbolo del corpo di Cristo da
condividere nell'Eucarestia. Con l'arrivo, alla fine dell'età classica, di
popolazioni nomadi la cui alimentazione si basava su carne e latticini, e che
vedevano nell'agricoltura un affronto alla sacralità della terra, si ritornò
alla raccolta delle piante spontanee e il pane venne confinato nei monasteri.
Qui se ne sviluppò e rafforzò il portato simbolico, e i sacramenti, le
celebrazioni e i riti cattolici vennero caratterizzati dai diversi tipi di pane
che si producevano per l'occasione.
Nei secoli XVII e XVIII vi
furono lunghi periodi di carestia. Il pane e la farina erano razionati, e nei
momenti più critici e difficili cominciò a diffondersi l'uso di sostituire la
farina con altre sostanze vegetali, come la farina di ghiande e di lupini e le
foglie di olmo. In Italia si cominciò a preferire la coltivazione del mais, e
la base alimentare dei contadini cominciò ad essere composta da polenta di mais
e rape. Nel Rinascimento il pane tornò a trionfare sulle tavole dei signori e
fu pane bianco, raffinato. Il popolo continuò a restare ai margini, ad
accontentarsi degli avanzi o di surrogati preparati facendo bollire, seccare e
poi macinare gli ingredienti più improbabili e a volte anche tossici. Come già
accennato, i forni sono sempre stati luogo di raccolta di idee rivoluzionarie e
furono innumerevoli le sollevazioni per il pane registrate nei libri di storia
dell'epoca moderna. L'intervento sul prezzo del pane fu una delle prime
iniziative del governo giacobino a ridosso della rivoluzione francese del 1789,
e aveva lo scopo di garantire uguaglianza di opportunità a partire
dall'alimentazione considerata in uno dei suoi elementi essenziali.
Fino al XIX secolo il pane
veniva fatto prevalentemente in casa o in piccoli forni con capacità produttiva
limitata e un ambito di mercato esclusivamente locale. Anche i metodi di
lavorazione e preparazione restarono gli stessi finché non cominciò a
diffondersi l'uso del lievito di birra, che permetteva di produrre piccoli
panini bianchi e morbidi che ebbero un successo strepitoso, sempre fra coloro
che se lo potevano permettere. Fra la fine del 1700 e l'inizio del 1800
cominciarono ad apparire innovazioni tecnologiche come la macchina
impastatrice, i cilindri meccanici per la molitura, per arrivare al forno
moderno e alla selezione dei grani in termini di produttività della parte
amidacea piuttosto che di qualità nutrizionale. Quest'ultimo fattore è
fortemente legato alla diffusione di mulini a cilindri: una volta ottenuta la
possibilità di produrre farine bianchissime, quasi totalmente prive anche di
parti minime dei diversi strati "esterni" che compongono il chicco (i
componenti della cariosside quali l'embrione o germe, lo strato proteico o
aleurone e gli strati pericarpici - la crusca), il pane nero fu progressivamente
abbandonato per lasciare spazio ad un pane privato di tutti i preziosi elementi
destinati invece all'alimentazione degli animali allevati per la produzione di
carne. Le parti migliori sono oggi destinate ai costosi integratori alimentari.
Era necessario quindi che anche la pianta del grano si adattasse al
"progresso" tecnologico, e la selezione fu orientata alla creazione
di piante sovraccariche di grossi chicchi nei quali la parte amidacea fosse
nettamente predominante.
http://www.terranuova.it/Alimentazione-naturale/Il-pane-storia-e-tradizioni
http://www.terranuova.it/Alimentazione-naturale/Il-pane-storia-e-tradizioni
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