НА РУССКОМ
ЯЗЫКЕ НИЖЕ
Impalpabile, cremoso e
avvolgente, un dessert diventato un successo planetario – tiramisù
– e una delle parole italiane più conosciute nel mondo.
La torta verde è una
tipica preparazione del Monferrato e delle Langhe sopratutto del
piccolo comune di Castelletto Molina (AT), dove la “turta” si
cucina in primavera specialmente nel periodo di Pasqua. Nella ricetta
“ufficiale” sono indicati solamente gli spinaci e le bietole, ma
si ricorda ancora che le nonne aggiungevano all'impasto un misto di
erbe spontanee raccolte nei prati primaverili vicino alle vigne: erba
medica, papaveri (“gentildöne”),
borragine, punte di ortica, e salvia pratensis (“busom”) e
altre... ingredienti che arricchivano non poco il sapore finale. Le
cuocevano nelle teglie grandi di rame nei forni delle stufe a legna,
le mangiavano a colazione o a merenda durante i giorni di lavoro, ma
soprattutto nel pranzo della Pasqua. Questa “turta” ha il sapore
di quella vita rustica, che la memoria fa sembrare anche un po'
romantica, ma molto vera e sincera che ormai purtroppo è scomparsa:
le nonne non escono più a cercare le erbe, il tempo per preparare le
verdure è sempre poco e ci si fida sempre meno della terra che non
essendo più rispettata produce grandi quantità a discapito della spontaneità naturale...
“Fra i suoi unici
possessi (dell'asceta) figura la ciotola per ricevere le elemosine (kamandalu);
la questua si svolge secondo strette norme: solo in questo caso il samnyāsin
può entrare in un villaggio, il numero massimo di case presso cui può mendicare
è fissato a sette ed il tempo per farlo è quello necessario a mungere una
vacca. Il silenzio in occasione della questua può essere rotto per pronunciare
la parola “bhavat”, epiteto rispettoso diretto alla persona da cui si mendica;
si può ricevere solo riso (già cotto), dolci all'olio, pappa d' orzo, latte e
cagliata; se non si riceve nulla non è lecito proseguire la questua, ma ci si
dovrà accontentare d'acqua e radici, se se ne trovano. Uscito dal villaggio e
ritornato nel luogo ove temporaneamente risiede, il samnyāsin deve deporre il
cibo ricevuto in luogo puro, lavarsi mani e piedi e annunciare al sole quanto
gli è stato dato. Prima di accostarsi al cibo -cosa che può fare solo all'ora
quarta, sesta o ottava del giorno- è tenuto ad offrirne un poco agli animali e
a spruzzarlo con acqua. Può consumarne solo otto boccate. Gli è interdetto
danneggiare qualsiasi essere vivente i qualsiasi modo, sia pure cogliendo un
fiore, e toccare qualsiasi metallo, prezioso o meno”.