UNA RIFLESSIONE SULLA NATURA “FUNZIONALE” CIBO
(Tratto da: Ibn Tufayl, Hayy ibn
Yaqzan, cap. Dai 35 ai 49 anni)
Vide che sarebbe stato nel giusto se avesse potuto
tutto d'un tratto astenersi dal cibo. Ma non gli fu possibile, poiché vide che,
se si fosse astenuto dal cibo, questo lo avrebbe portato alla corruzione del
corpo, e questo avrebbe voluto dire ostacolare ancora di più il Creatore,
poiché egli era più nobile di quelle altre cose la cui corruzione era causa
della sua sopravvivenza. Cedette al minore dei mali, accondiscese alla più
lieve delle due opposizioni: decise di prendere di queste specie, se fossero
venute a mancare, quelle che gli fosse facile prendere, nella quantità che in
seguito gli sarebbe apparsa essere quella giusta.
Quanto a quelle che erano a sua disposizione,
conveniva che considerasse attentamente e scegliesse quelle tali che il
prenderle non costituisse un grande ostacolo all'opera del Creatore, come la
polpa dei frutti che erano già pervenuti al culmine della dolcezza, i cui semi
servivano alla generazione del simile; a condizione che avesse cura di quei semi,
che non li mangiasse, non li facesse corrompere e non li gettasse in un luogo
non adatto alle piante, come la pietra, la palude e simili. Se gli fosse stato
difficile trovare di questi frutti, dotati di polpa commestibile, come le mele,
le pere, le prugne e simili, avrebbe potuto prendere o i frutti di cui non
poteva mangiare che il cuore del seme, come le noci e le castagne, oppure i
legumi che non erano giunti all'estremo limite della loro maturazione; a
condizione, in questi due casi, che cercasse quelle specie che erano reperibili
in maggiore quantità e le più forti nel riprodursi, che non estirpasse le loro
radici e non distruggesse i loro semi. In mancanza di queste, avrebbe potuto
prendere gli animali o le loro uova, a condizione, quanto agli animali, che
prendesse quelli che si trovavano più facilmente e che non facesse estinguere
completamente nessuna loro specie. Questo fu ciò che decise a proposito delle
specie di cui si cibava. Riguardo alla [giusta] quantità, decise che era quel
tanto che placasse lo stimolo della fame, e non di più. Quanto al tempo che
doveva intercorrere tra due pasti, decise che, preso cibo a sufficienza, se ne
sarebbe astenuto e non vi avrebbe badato finché non lo avesse colto una
debolezza che gli impedisse di compiere alcune azioni necessarie alla seconda
assimilazione, azioni che ricorderemo in seguito.
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