«Non mangiare niente
che tu non abbia seminato e raccolto con le tue mani»: questa raccomandazione
della saggezza vedica è così legittima, così persuasiva, che dalla rabbia di
non potervisi conformare ci si lascerebbe morire di fame.
[Emil Cioran, Il funesto demiurgo, 1969]
I SUPERMERCATI E LA CRISI DEI GENERI ALIMENTARI MONDIALE
Di Esther Vivas
La crisi dei generi alimentari ha
lasciato senza cibo milioni di persone nel mondo. Agli 850 milioni di persone
che soffrono la fame, la Banca Mondiale ne ha aggiunti altri 100 in seguito
alla crisi attuale. Questo “tsunami” della carestia non ha nulla di naturale,
al contrario, è il risultato delle politiche neoliberali imposte da decenni
dalle istituzioni internazionali. Oggi
il problema non è la mancanza di generi alimentari in quantità sufficiente,
bensì l’impossibilità di avere accesso a tali generi alimentari per via dei
prezzi troppo alti.
Questa crisi dei generi alimentari
lascia dietro di sé una lunga lista di vincitori e perdenti. Tra i più colpiti
troviamo le donne, i bambini, i contadini espulsi dalle loro terre, i poveri
d’ambiente urbano…In definitiva, le persone che costituiscono la massa degli
oppressi del sistema capitalista. Tra i vincitori troviamo le multinazionali
dell’industria agroalimentare che controllano dall’inizio alla fine tutta la
catena di produzione, di trasformazione e commercializzazione dei generi
alimentari. Quindi, se la crisi alimentare colpisce principalmente i paesi del
Sud, le multinazionali assistono a una forte crescita dei loro introiti.
Monopoli
La catena agroalimentare è controllata
in ogni sua fase (semenze, fertilizzanti, trasformazione, distribuzione, ecc.)
dalle multinazionali che accumulano introiti elevati grazie a un modello
agro-industriale liberalizzato e senza regole. Un sistema che conta, con il
sostegno esplicito delle élite politiche e delle istituzioni internazionali che
mettono i profitti di queste imprese al di sopra della soddisfazione dei
bisogni alimentari delle persone e del rispetto dell’ambiente.
La grande distribuzione si caratterizza
per un alto livello di concentrazione capitalista, come in altri settori. In
Europa, tra il 1987 e il 2005, la porzione di mercato delle 10 maggiori
multinazionali di distribuzione, rappresentava il 45% del totale e si prevede
che raggiungerà il 75% nei prossimi 10-15 anni. In paesi come la Svezia, tre
catene di supermercati controllano circa il 91% del mercato e in Danimarca,
Belgio, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Argentina, un pugno
d’imprese domina tra il quarantacinque e il 60% del mercato.
Le megafusioni sono all’ordine del
giorno in questo settore. In questo modo, le grandi multinazionali installate
nei paesi occidentali, assorbono le catene più piccole in tutto il pianeta,
assicurandosi un’espansione su scala mondiale, in particolar modo nei paesi del
Sud.
Questa concentrazione monopolistica
permette di garantire un controllo importante di quello che consumiamo, dei
loro prezzi, della provenienza e del modo in cui i prodotti sono elaborati, con
quali ingredienti ecc. Nel 2006, la seconda maggior impresa mondiale per volume
di vendite, è stata Wal-Mart e tra i top 50 mondiali di queste aziende, figura
anche Carrefour, Tesco, Kroger, Royal Ahold e Costco. La nostra alimentazione dipende ogni giorno di più dagli interessi di
queste grandi catene di vendita al dettaglio e il loro potere si mette in
evidenza drammaticamente nelle situazioni di crisi.
Di fatto, nell’aprile 2008, di fronte
alla crisi alimentare mondiale, le due più grandi catene di supermercati degli
Stati Uniti, Sam’s Club (proprietà di Wal-Mart) e Costco, hanno scelto di
razionare la vendita di riso nelle loro aziende per gonfiare i prezzi. Da Sam’s
Club è stata limitata la vendita di riso a tre varietà (basmati,
gelsomino/”jasmin” e grano lungo) come pure la vendita di sacchi di riso da 9
kg a 4 kg per cliente. Da Costco, la vendita di farina e di riso è stata
limitata. In Gran Bretagna, Tilda (principale importatore di riso basmati a
livello mondiale) ha anch’esso stabilito delle restrizioni di vendita. Con
queste misure è stata messa in evidenza la capacità delle grandi catene di
distribuzione di influenzare l’acquisto e la vendita di determinati prodotti,
di limitare la loro distribuzione al fine di influenzare la formazione dei
prezzi. Un fatto che non si era più verificato negli Stati Uniti dopo la
seconda guerra mondiale quando erano state imposte restrizioni sul petrolio,
sulla gomma e sulle lampadine, ma non sui generi alimentari.
Cambiamenti
di abitudini
Un’altra dinamica che è stata messa in
rilievo con la crisi alimentare è stata quella del cambiamento di abitudini
all’atto dell’acquisto. Di fronte alla necessità dei clienti di stringere la
cintura e di andare nei negozi con i prezzi più bassi, le catene di discount
sono state vincenti. In Italia, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo e Francia,
questi supermercati hanno visto aumentare le vendite dal 9% al 13% nel primo
trimestre del 2008, rispetto all’anno precedente.
Un altro fattore che indica il
cambiamento delle tendenze è l’aumento delle vendite degli elettrodomestici che
ammontano, secondo le cifre del primo trimestre del 2008, in Gran Bretagna, al
43,7% del volume totale delle vendite, al 32,8% in Spagna, 31,6% in Germania e
in Portogallo e al 30% circa, in Francia. Sono appunto questi elettrodomestici
che offrono i maggiori introiti alle grandi catene di distribuzione e che
permettono una più vasta fidelizzazione della clientela.
Tuttavia,
al di là del ruolo che può avere la grande distribuzione in una situazione di
crisi
(con la restrizione della vendita di certi prodotti, i cambiamenti di abitudini
d’acquisto, ecc.), questo modello di
distribuzione esercita a livello strutturale un controllo stretto che ha un
impatto negativo sulle varie figure partecipano alla catena di distribuzione
alimentare: contadini, fornitori, consumatori, lavoratori, ecc. Di fatto, l’apparizione dei supermercati,
centri commerciali, catene discount, express, ecc. nel corso del XX secolo, ha
contribuito alla commercializzazione delle nostre abitudini alimentari e alla sottomissione
dell’agricoltura e dell’alimentazione alla logica del capitale e del mercato.
Esther Vivas è membro della direzione di
Izquierda Anticapitalista-Revolta Global in Spagna. Ha pubblicato in francese
«En campagne contre la dette» (Syllepse, 2008) (In campagna contro il debito) e
è coordinatrice dei libri in spagnolo «Supermarchés, non merci»! (Supermercati,
no grazie!) et «Où va le commerce»?(Dove va il commercio?). Questo articolo è
stato tradotto dallo spagnolo per www.lcr-lagauche.be
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