[nell'immagine R. Guttuso, La Vucciria]
È importante che tutti coloro i
quali nutrano una qualche preoccupazione per il futuro del pianeta, per la
qualità di vita e di alimentazione umana, non permettano a questi argomenti di
scivolare nel dimenticatoio o nelle chiacchiere da bar o peggio nelle polemiche
televisive. Si dovranno scoprire nuove maniere di comunicazione in modo anche
di trasmettere al pubblico una nuova educazione alimentare non più fondata sul
“mangiare di tutto un po’” perché in realtà l’industria decide quel “tutto” e
lo incanala verso le sue precise scelte di profitto, facendoti poi credere che
“si è sempre mangiato così”. Questa è la grande opportunità che ci sta dando la
Grande Crisi in atto ora e per molto tempo ancora. Se no, a che servono le
crisi, se non a riflettere?
Banca del cibo? No cibo della banca - di Roberto Marrocchesi
Ogni volta che un qualche
“vip” è visto mangiare un po’ di tofu, subito scrosciano gli applausi.
Senz’altro si può affermare che le vecchie rockstar in cerca di mantener la
linea o gli ex presidenti USA che hanno capito che c’è un nesso tra dieta e
prevenzione dell’infarto, costituiscano un buon esempio da imitare, almeno che
c’è chi ci tiene e ci pensa se non altro per sé (“We care”).
Al di là di queste belle
notizie però, la situazione alimentare moderna mondiale è alquanto seria. Le
vendite oggi dei cibi “Bio” in Europa ammontano solo al 2% dei consumi UE (26
paesi). In pratica, 21 M di € contro ad esempio 24 M di € in merendine
confezionate. La realtà è ben altra cosa, ed è che la grande industria
alimentare è la causa numero uno dello squilibrio alimentare, in pratica della
fame, nel mondo odierno. Vediamo ora come il capitalismo finanziario dei
disastri tragga vantaggio solo per il denaro in se’ dalla produzione di
alimenti scadenti, purché altamente industrializzati.
Chi non l’avesse ancora fatto,
si legga il libro del 2007 di Naomi Klein “Shock Economy, l’ascesa del
capitalismo dei disastri”. In esso l’Autrice sostiene che fenomeni sociali
straordinari come la guerra in Iraq e disastri naturali come i grandi
terremoti, alluvioni ecc. siano sempre un’opportunità usata dalla grande
industria attraverso i politici al potere da lei sostenuti per far passare
nuove leggi straordinarie che mai sarebbero state accettate in situazioni
normali. Questa forma di opportunismo sociale di solito è altamente apprezzata
negli ambienti finanziari in quanto produttiva di lauti guadagni. Per
l’industria alimentare il disastro da tramutare in grandi profitti è la penuria
alimentare che affligge il Pianeta. La scarsità di cibo è stata sventolata
sotto i nostri occhi da almeno 40 anni (senza tener conto delle antiche
predizioni, del tutto errate, da parte di Malthus e altri corvi di sciagura) ma
è ora assai più vicina a realizzarsi ovunque, facendosi sentire tanto nei paesi
“in via di sviluppo” quanto in quelli sviluppati, cioè da noi.
Una delle strategie del
capitalismo dei disastri è quella di attendere che i problemi si manifestino in
tutta la loro gravità prima di passare all’azione. Infatti, non ci sarebbe
sufficiente reazione emotiva per far passare misure in loro favore senza
l’urgenza del disastro, e quindi mancherebbero i guadagni colossali. Pertanto
si va dal “preoccupante” al “problematico” prima di arrivare a “disastro” nel
loro linguaggio echeggiato da stampa e televisioni. L’Escalation di termini conduce a una serie
di misure d’emergenza spacciate per soluzioni – non c’è tempo, bisogna agire in
fretta! Proprio quando c’è bisogno di studiare in dettaglio e di tanta moderazione,
si agisce in fretta e furia.
Primo esempio: L’impoverimento dei contadini. I piccoli agricoltori
a regime famigliare o simile in tutto il Pianeta non possono tenere prezzi che
reggano la concorrenza con quelli dell’agricoltura aziendale industrializzata,
di grande scala e altamente meccanizzata. Per salvarsi hanno due possibilità:
una è quella di produrre alimenti da export, esotici in nazioni più ricche,
allo scopo di accrescere i guadagni. In Italia ciò vale soprattutto per il
vino. La seconda possibilità è quella di coltivar cereali per bio-fuel ovvero,
trasformarli in carburante per motori a scoppio. Le sole vendite di terreni
agricoli in Africa dell’ultimo anno ammontano per un terzo a terreni destinati
a questo tipo di raccolti.
La Jatropha è una nuova pianta
che viene promossa in Africa e Sud America come un aiuto per i piccoli
coltivatori, produce olio facilmente convertibile in bio-fuel. La grande resa
si trasforma però subito in consumi massicci di acqua e di pesticidi mentre i
consorzi agrari vendono a vagonate semi di questa nuova “rivoluzione Verde” in
paesi dove la fame è endemica, per cui diventa necessario importare cereali e
alimentari dall’estero, sovente sotto forma di aiuti altre volte acquistati con
maggiore debito. Indovinate chi paga, e indovinate chi ci guadagna.
Secondo esempio: l’aumento della popolazione. Avrete sentito dire
che si proietta la crescita della popolazione mondiale oltre i 9 miliardi,
secondo alcune stime, peraltro controverse e non certe, per la metà del
presente secolo. Nove miliardi che ogni giorno si dovranno sedere da qualche
parte a mangiare qualcosa. Anche questo problema è sempre stato rinviato al
futuro fino a che non si presenta l’ennesima “crisi da aumento di popolazione”.
La soluzione rapida e
definitiva è alla portata: basta mettersi a produrre massicciamente cibi
geneticamente modificati che resistono ai parassiti, usano solo certi pesticidi
e dovrebbero aumentare la resa: chi si oppone agli OGM farà così la figura
dell’ecologista sentimentale, egoista e senza cuore che per le sue fisime –
“non scientificamente provate” direbbe Veronesi – causa la fame dei
poveretti…Intanto Monsanto ci fa un figurone. Peccato che la realtà sia
completamente un’altra.
Terzo: I crescenti prezzi agricoli alimentari. La risposta qui è
scambiare quantità con qualità. Si forniscono alimenti scadenti ma di massa ai
più poveri, sempre provenienti da cibi molto trattati e industrializzati.
Troverete sempre abbondanza di fast-food nei quartieri bassi, macchinette
distributrici nelle fabbriche, merendine/immondizia nelle scuole. Il fatto è
che i pochi che lavorano duro devono mangiare con poco e velocemente, mentre
chi non lavora ha bisogno di ridurre al massimo la spesa alimentare. Aggiungi
la mancanza di cultura, gli slogan fasulli piantati ad arte dalla pubblicità
ingannevole e dagli “esperti” televisivi prezzolati, ed ecco che la povertà
nutritiva ha tutti i sostegni che necessita; i signori del fast-food sono
maestri di cibi saporiti ed economici.
I governi dal canto loro
continueranno sempre a finanziare con aiuti di Stato carni, latte e pollame per
rassicurare il grande pubblico con la presenza di alimenti familiari sulla
tavola, anche se l’evidenza scientifica e dei fatti ha provato da tempo che
questi consumi in eccesso siano malsani e apportatori di patologie
degenerative. Lo continuano a fare perché l’industria alimentare li appoggia e
finanzia completamente attraverso i finanziamenti alle campagne elettorali dei
politici, e questo vale per tutti gli schieramenti e partiti indistintamente.
Si sta già configurando infine una pseudo-Linea Verde nei fast-food per giovani
ed ecologisti dilettanti, a base di banco delle insalate, burger alla soia OGM
e ben presto avremo pannelli solari ed eliche eoliche vicino alla grande M a
forma di tette appetitose simbolo di McDonald’s.
Quarto: Le riserve di pesce in esaurimento. Enormi navi-officina
solcano i mari espellendone i piccoli pescherecci, esaurendo le scorte e
massacrando le riserve di piccoli pesci in crescita col metodo della pesca di
massa industrializzata. Su di esse il pescato è lavorato in catene di
produzione fino al prodotto pronto surgelato magari anche precotto. Questa
politica estrattiva produce immani squilibri ambientali e sprechi, con
conseguente impoverimento del patrimonio ittico. Una seria politica di
autocontrollo della pesca con metodi e calendari precisi permetterebbe di
conservare il patrimonio di pesci in riproduzione, ma onde tenere altissimi i
ricavi bisogna invece allarmare il pubblico con le false notizie per cui
l’industria ha già pronta la nostra salvezza: il pesce OGM! Pronto su ogni
tavola, le ultime pastoie e scrupoli dei tradizionalisti (oh come son lenti,
questi antimodernisti e antiprogressisti, non vedete che il mondo ha fame e noi
grandi forze del Progresso lo sfameremo?) cadono in fretta, tra poco FDA
(Ministero dell’Agricoltura USA) approverà senza riserve. Avrete salmoni a
crescita rapida, dimezzata come tempi e di maggiori dimensioni; magari poi lo
scienziato del progresso inarrestabile penserà ad un nuovo modello di salmone
con le zampe in modo da uscirsene dall’acqua da solo, così avremo pescatori in
esubero a cui penserà la cassa integrazione mentre i salmoncini tutti in fila
se ne entreranno nelle fabbriche automatizzate, sulle loro zampine. E’ un
sogno, per ora, ma presto… Un maiale più umanizzato anche per farne organi
simil-umani da trapiantare (mi raccomando anche la faccia, signori politici!)
ed una capra da latte chimicamente simile a quello umano sono già in fase
sperimentale avanzata. Aspettiamoci di vedere dei bimbi brucare l’erba nelle
aiuole del giardino di casa, e bimbi molto, molto ubbidienti che si muovono
tutti insieme, come un gregge…
E’ importante che tutti coloro
i quali nutrano una qualche preoccupazione per il futuro del pianeta, per la
qualità di vita e di alimentazione umana non permettano a questi argomenti di
scivolare nel dimenticatoio o nelle chiacchiere da bar o peggio nelle polemiche
televisive. Si dovranno scoprire nuove maniere di comunicazione in modo anche
di trasmettere al pubblico una nuova educazione alimentare non più fondata sul
“mangiare di tutto un po’” perché in realtà l’industria decide quel “tutto” e
lo incanala verso le sue precise scelte di profitto, facendoti poi credere che
“si è sempre mangiato così”. Questa è la grande opportunità che ci sta dando la
Grande Crisi in atto ora e per molto tempo ancora. Se no, a che servono le
crisi, se non a riflettere?
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