
Due
racconti ci informano sull’origine della pianta e della bevanda.
Secondo
un’antica leggenda, Bodhidharma, 28° successore del Buddha, che nel VI° secolo
della nostra era aveva diffuso in Cina una nuova dottrina religiosa, il Ch’an
(chiamato successivamente in Giappone Zen), dopo aver trascorso anni
concentrato nella meditazione cedette al sonno. Al risveglio, mortificato per
la debolezza, si tagliò le palpebre per impedir loro di calare ancora sugli
occhi interrompendo la veglia meditativa; e le palpebre, cadute a terra, si
trasformarono nella pianta del thè che possiede la virtù di tenere desta la
facoltà intellettiva e le cui foglie a mandorla ne rammentano l’origine.

In
Europa lo si conobbe alla fine del XVI° secolo e si contendono il primato della
sua diffusione i russi e gli inglesi, ma già alcuni viaggiatori ne avevano
scritto. Il primo fu probabilmente un arabo che riferiva che nel 879 le
principali entrate di Canton erano i dazi sul sale e sul thè. Nel 1610 la
Compagnia olandese delle Indie importò le prime casse di thè non solo in
Olanda, ma anche in diversi altri paesi fra cui Portogallo, Francia e Italia.
Tuttavia in altri paesi come la Russia fin dal medioevo i mercanti che avevano
commerci con l’oriente, conoscevano il thè, ma la sua introduzione ufficiale
inizia nell’anno 1638, venti anni prima che a Londra, dove il 3 settembre 1658, sul
settimanale Mercurius politicus, un
annuncio pubblicitario comunicasse ai lettori che nella Sultaness Head Coffee House, presso il Royal Exchange di Londra, veniva servita “una nuova bevanda cinese,
approvata da tutti i medici, che i cinesi chiamano Tcha e le altre nazioni Tay,
vale a dire Thea”. Pochi anni dopo,
nel 1662, Caterina di Bergonza, che aveva sposato Carlo I, ne diffuse la moda a
corte. Nei primi decenni del Settecento il thè era comunque ancora una bevanda
per poche persone facoltose, poi grazie anche al contrabbando che permetteva di
evaderne l’imposta, si diffuse anche in ambienti popolari.

Nell’Ottocento,
in epoca vittoriana, nacque un’usanza tipicamente inglese, ma che fu emulata in
seguito anche altrove, il cosiddetto afternoon
tea, il thè pomeridiano delle signore, inventato dalla contessa Bedford:
una “cerimonia” profana con cui si era copiato e stravolto in “stile borghese”,
il senso del rito orientale del thè.
Appendice
A riprova di quanto asserito all'inizio di questo scritto riguardo l'origine cinese del thè, un gruppo di archeologi dell’Accademia delle scienze di Pechino ha effettuato un eccezionale ritrovamento nella tomba dell’imperatore cinese Liu Qi, vissuto tra il 188 e il 141 a. C. e appartenente alla dinastia Han occidentale: tra le varie suppellettili estratte dal mausoleo Han Yangling a lui dedicato è emersa anche una vasta scorta di foglie di Camellia sinensis, la pianta dalla quale si ricava il tè. La scoperta ha implicazioni importantissime. Innanzitutto è il ritrovamento più antico nel mondo di foglie di tè e consente di retrodatare con certezza a 2.150 anni fa l’uso della bevanda: ora sappiamo che sicuramente a quell’epoca il tè era già diffuso in Cina. Non solo. Doveva probabilmente essere un prodotto di lusso, dato che è stato rinvenuto in un pozzo che circonda il mausoleo dal quale sono state dissotterrate più di 50 mila statuette di terracotta, manufatti in seta, carrozze e altri tesori di inestimabile valore. Gli scavi nel sito sono cominciati nel 1990, ma solo recentemente gli archeologi hanno rinvenuto le piante ormai decomposte sparse in un’area di tredici metri a formare un tappeto spesso fino a otto centimetri. Ma c’è dell’altro. Tramite microscopio elettronico a scansione e spettrometro di massa hanno così potuto identificare che le foglie decomposte scoperte a Xi’an, dove sorge il mausoleo di Han Yangling, appartengono a una varietà di ottima qualità di tè verde contenente molta caffeina. D’altronde non a caso si trovavano nella tomba di un imperatore.
Appendice
A riprova di quanto asserito all'inizio di questo scritto riguardo l'origine cinese del thè, un gruppo di archeologi dell’Accademia delle scienze di Pechino ha effettuato un eccezionale ritrovamento nella tomba dell’imperatore cinese Liu Qi, vissuto tra il 188 e il 141 a. C. e appartenente alla dinastia Han occidentale: tra le varie suppellettili estratte dal mausoleo Han Yangling a lui dedicato è emersa anche una vasta scorta di foglie di Camellia sinensis, la pianta dalla quale si ricava il tè. La scoperta ha implicazioni importantissime. Innanzitutto è il ritrovamento più antico nel mondo di foglie di tè e consente di retrodatare con certezza a 2.150 anni fa l’uso della bevanda: ora sappiamo che sicuramente a quell’epoca il tè era già diffuso in Cina. Non solo. Doveva probabilmente essere un prodotto di lusso, dato che è stato rinvenuto in un pozzo che circonda il mausoleo dal quale sono state dissotterrate più di 50 mila statuette di terracotta, manufatti in seta, carrozze e altri tesori di inestimabile valore. Gli scavi nel sito sono cominciati nel 1990, ma solo recentemente gli archeologi hanno rinvenuto le piante ormai decomposte sparse in un’area di tredici metri a formare un tappeto spesso fino a otto centimetri. Ma c’è dell’altro. Tramite microscopio elettronico a scansione e spettrometro di massa hanno così potuto identificare che le foglie decomposte scoperte a Xi’an, dove sorge il mausoleo di Han Yangling, appartengono a una varietà di ottima qualità di tè verde contenente molta caffeina. D’altronde non a caso si trovavano nella tomba di un imperatore.
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