Una preparazione
importante, degna di essere il “piatto
forte”di un pranzo di festa o comunque significativo. Al gusto
complesso e ricco, si accompagna con le verdure di stagione.
Una cucina , quella
umbra, non ricchissima, ma provvista di tutto quello che serve a
scandire il tempo e le stagioni. Questa torta di Pasqua è un piatto
tipico dell'Appennino, viene servita come antipasto ed è un
magnifico accompagnamento per i cibi del “merendino” di
pasquetta, salumi, uova, formaggi freschi e favette!
Un piatto di pasta,
«la più amata dagli italiani”,di facile preparazione, con un tocco di eleganza e leggerezza che la rende idonea anche alla tavola feriale. Così si cambia un po' e potete fare sorpresa di una cosa sempre gradita.
Una tipica ricetta
laziale; Anna Gosetti della Salda nel suo libro “Le ricette
regionali italiane” parla cosi della cucina della Lazio: “Ogni
complicazione era bandita, sia perché considerata una cosa non degna
di uomini, sia perché non trovava ne fantasia da essere concepita,
né mani pazienti e sapienti da poter essere realizzata, né materie
prime preziose da essere impiegate.... Siano pure banditi piatti
complessi e “intrugliati”. Ma quei pochi, semplici e genuini,
preparati con prodotti della sua terra, poco sfruttata, dovevano
essere realizzati senza economia e nel migliore modo possibile”. La
vignarola costituisce proprio uno di questi piatti semplici, un dono
della terra a Primavera. Sono previste anche delle varianti con
asparagi.
Non siamo mai troppo lontano. Siamo isole, ma mai troppo lontano.
Lu-chiu disse: "Bel
risultato, quello di provocare una rottura dell'equilibrio cosmico! Io faccio
esattamente il contrario; mi metto all'unisono con l'armonia universale. Guardate...".
Accordati due liuti sullo stesso tono, Lu-chiu ne mise uno nella stanza esterna
e l'altro in un appartamento interno. Quando fece vibrare su quest'ultimo la
corda cung, vibrò anche sul primo la corda cung. Lo stesso accadde per la corda
chiaò e per le altre. Ognuno dei due liuti faceva vibrare a distanza l'altra
all'unisono...
Da una preparazione firmata
Montersino, ottengo una frolla di riso che contiene crema morbida con note
fresche e aromatiche di frutta. Con un po' di manualità e pratica
otterrete un dolce "scioglievolissimo" e senza glutine: Montersino, what else!
Secondo l'etimologia, sfacelo può
derivare dal greco sphàchelos, latino sphacelus, che oltre al significato
generico di “disfare”, ha anche quello di “flagello” e nella sua accezione
medica di “cancrena”. Nel contesto del passaggio riportato si capisce bene che
i vari significati si fondono e offrono maggiore forza espressiva a quanto
viene narrato.
“È lo sfacelo, Filìpp Filìppovič”.
“No”, obbiettò con sicurezza assoluta
Filìpp Filìppovič, “No. Lei per primo caro Ivàn Arnòl'dovič, si astenga anche
dall'uso di questa parola. È miraggio, fumo, finzione”.
La torta verde è una
tipica preparazione del Monferrato e delle Langhe sopratutto del
piccolo comune di Castelletto Molina (AT), dove la “turta” si
cucina in primavera specialmente nel periodo di Pasqua. Nella ricetta
“ufficiale” sono indicati solamente gli spinaci e le bietole, ma
si ricorda ancora che le nonne aggiungevano all'impasto un misto di
erbe spontanee raccolte nei prati primaverili vicino alle vigne: erba
medica, papaveri (“gentildöne”),
borragine, punte di ortica, e salvia pratensis (“busom”) e
altre... ingredienti che arricchivano non poco il sapore finale. Le
cuocevano nelle teglie grandi di rame nei forni delle stufe a legna,
le mangiavano a colazione o a merenda durante i giorni di lavoro, ma
soprattutto nel pranzo della Pasqua. Questa “turta” ha il sapore
di quella vita rustica, che la memoria fa sembrare anche un po'
romantica, ma molto vera e sincera che ormai purtroppo è scomparsa:
le nonne non escono più a cercare le erbe, il tempo per preparare le
verdure è sempre poco e ci si fida sempre meno della terra che non
essendo più rispettata produce grandi quantità a discapito della spontaneità naturale...
Montersino, what else?
Dopo aver fatto 3/4 preparazioni secondo le ricette del maestro e
gustato dei manufatti eccellenti ci è sorto un pensiero.... forse
Montersino è una garanzia?! Anche se nella ricetta che segue c'è
qualche ingrediente non usuale (ma comunque niente di esotico) e
dobbiamo sporcare una ciotola in più, la preparazione non prevede
niente di complicato. Una torta simile non ha prezzo! Infatti non la
potreste comprare in nessuna pasticceria, poco ma sicuro! E come si
canta nell'aria dell'omonima opera di Ciaykovsky “Jolanda”, “Chi
può uguagliare Luca!”?
Venerdì sera, la
settimana è finita! Ecco un bel racconto per i vostri bambini; è in russo, ma
ci sono i sottotitoli, e poi le immagini ci sembrano così belle che parlano da
sole! Un’alternativa ai soliti “personaggi”. Buon divertimento.
Il samnyāsa, “rinuncia totale”,
costituisce per gli indù l'ultimo stadio di vita tradizionale e secondo il
Vedānta, “il fine dei Veda”, riveste un ruolo estremamente positivo in quanto
libera l'essere dalla schiavitù delle false identificazioni conducendolo alla
Conoscenza.Il breve passaggio riportato, tratto dal
libroŚankara e il Kevalādvaitavāda, di
M. Piantelli, oltre a servirci per introdurre la ricetta del Paneer, evidenzia
ancora una volta l'importanza dell'alimentazione nello sviluppo armonico
dell'essere umano e delle sue facoltà; a ben pensare,
leggendo fra le righe si possono trarre diversi spunti di riflessione oltre che
convenire sulla bontàdi questo cibo ancora oggi molto
diffuso in India.
“Fra i suoi unici
possessi (dell'asceta) figura la ciotola per ricevere le elemosine (kamandalu);
la questua si svolge secondo strette norme: solo in questo caso il samnyāsin
può entrare in un villaggio, il numero massimo di case presso cui può mendicare
è fissato a sette ed il tempo per farlo è quello necessario a mungere una
vacca. Il silenzio in occasione della questua può essere rotto per pronunciare
la parola “bhavat”, epiteto rispettoso diretto alla persona da cui si mendica;
si può ricevere solo riso (già cotto), dolci all'olio, pappa d' orzo, latte e
cagliata; se non si riceve nulla non è lecito proseguire la questua, ma ci si
dovrà accontentare d'acqua e radici, se se ne trovano. Uscito dal villaggio e
ritornato nel luogo ove temporaneamente risiede, il samnyāsin deve deporre il
cibo ricevuto in luogo puro, lavarsi mani e piedi e annunciare al sole quanto
gli è stato dato. Prima di accostarsi al cibo -cosa che può fare solo all'ora
quarta, sesta o ottava del giorno- è tenuto ad offrirne un poco agli animali e
a spruzzarlo con acqua. Può consumarne solo otto boccate. Gli è interdetto
danneggiare qualsiasi essere vivente i qualsiasi modo, sia pure cogliendo un
fiore, e toccare qualsiasi metallo, prezioso o meno”.
Una preparazione in tipico stile
piemontese: un “pizzico” di acciuga salata con prezzemolo fresco
che trasformano semplici alimenti in gustose pietanze. Forse, è
questo uno dei segreti della cucina del Piemonte...